Firenze, 19 maggio 2000.
Comunicato Stampa
Referendum - un non voto, per la prima volta, per una scelta di libertà.
Dichiarazione di Vincenzo Simoni, Segretario Nazionale dellUnione Inquilini.
Prima di arrivare alla conclusione, cioè su quello che farò domenica 21, propongo alcune riflessioni:
- Perché le posizioni differenti di Berlusconi (non andare a votare) e della Confindustria (andare a votare)? A mio avviso perché la Confindustria non vuole un Polo "troppo" vincente, con al suo interno delle componenti capaci di determinare in un futuro governo di centro-destra delle politiche di bilancio populiste. Insomma non vuole che in Italia si affermi una variante di centro-destra di stampo gollista. La sconfitta referendaria di Berlusconi (quorum raggiunto) ribadirebbe l'egemonia dei tradizionali poteri forti che metterebbero subito le briglia allo stesso nuovo presidente della Confindustria. A questo punto non escluderei che la stessa leadership di Berlusconi venisse contestata con l'emergere di altre candidature a futuro premier (Fazio, Monti).
- Come interpretare le posizioni "ufficiali" dei DS e della CGIL (andare a votare e dire sì al referendum contro il residuo proporzionale e no al referendum sull'art. 18)? Se passasse con il quorum questa indicazione di voto il sindacato della concertazione manterrebbe le posizioni, la parte diessina di "centro" guiderebbe il partito; proponendosi come aggregante per l'intero centro-sinistra e promettendo protezione anche ad una Rifondazione Comunista "responsabile" tenterebbe di ricostituire le condizioni politiche per una campagna elettorale non perdente in partenza. Parte dei poteri forti darebbero - tramite l'informazione da loro controllata e gli intellettuali di riferimento - indicazioni di voto anche per questo centro-sinistra, che ha scelto di "privatizzare" lo stato sociale "concertando".
- E' ovvio che un voto che facesse prevalere l'opzione liberista sull'art. 18 (la linea dei 7 sì per intenderci) indebolirebbe il centro politico dei DS e la stessa CGIL, facendo prevalere la variante liberal.… collegata ad Amato e a Parisi. Si andrebbe al voto delle politiche (e prima ancora nella scelta delle candidature) in una situazione di minoranza per la stessa sinistra concertativa.
- Quali le conseguenze di una prevalenza del non voto? Si determinerebbe una stagione politica molto più aperta, con una forte emersione di tutte le resistenze al liberismo incentrato sul saccheggio dello Stato e della Ricchezza sociale. Si potrebbe ragionare da sinistra verso il centro, operando delle incursioni anche sulle posizioni di centro-destra di stampo gollista; questo non voto avrebbe un forte impatto anche in Europa, con l'affermazione di tendenze trasversali intenzionate a riqualificare i sistemi di garanzie sociali ed economiche. Sarebbe un forte incoraggiamento a collocarsi sul piano della politica anche alle tendenze antagoniste, a quelle che guardano a Seattle non solo come simbolo di una visibile opposizione di massa ma anche come percorso progettuale. Il non voto a mio avviso avrebbe un significato ricostruttivo, un significato nuovo, capace di riflettere sulle migliori esperienze socialdemocratiche e popolari e di andare "oltre".
- E' evidente che la mia scelta al "non voto" è determinata da questi motivi e non da umori del momento. Sono convinto che sia la posizione più giusta perché libera tante energie oggi depresse e divise. La scheda che non scende nell'urna è paradossalmente la più "pesante", quella che sceglie per molti decenni. Le altre ci portano all'anemia progressiva della speranza.
Il segretario nazionale
Vincenzo Simoni
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