Assegnatari
delle case popolari: chi risparmia è punito!
Vi invitiamo a leggere con molta attenzione questa
lettera.
I fatti indicati sono chiari: in attuazione del decreto legislativo 31 marzo
1998 n. 109, emanato dal governo di centrosinistra presieduto da Romano Prodi e
che ha come titolo " Definizione di criteri unificati di valutazione della
situazione economica dei soggetti che richiedono prestazioni sociali
agevolate") il comune di Bologna, ed è prevedibile che la cosa si
generalizzi, sta accertando la situazione reddituale e... patrimoniale degli
assegnatari degli alloggi pubblici.
"Che male c'è?" Così dal rigorismo pauperista di tanta parte della
sinistra. Il fatto è che le disposizioni attuative connesse a tale decreto
considerano ricchezza non la rendita immobiliare o finanziaria ma i valori
immobiliari e i risparmi delle famiglie. Uno degli esempi che conosciamo meglio
è quello del Comune di Firenze, che esclude dalla facoltà di richiedere il
contributo per l'integrazione all'affitto i nuclei familiari che comunque -
anche se percepiscono una modesta pensione - "possiedono" immobili e/o
depositi bancari per un valore superiore a 50 milioni. Cosa sono 50 milioni? In
temini immobiliari un garage, in termini mobiliari l'accantonamento della
liquidazione è un minimo di risparmi derivati da una vita austera. E' qualcosa
non solo di ignobile ma contrastante con altre norme, come escludono dalla
tassazione i Titoli di Stato e soprattutto con l'art. 47 della Costituzione.
Testuale: "La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue
forme."
La signora di Bologna ci rivolge una serie di domande tutte molto serie:
- se è obbligata a rispondere o se al contrario non
viene violata la privacy;
- quali conseguenze ci sono se non lo fa;
- se comunicando l'entità dei risparmi della famiglia si
può rischiare di perdere l'assegnazione.
Il decreto legislativo è furbo. Non dice che la riservatezza dei conti bancari
è sparita e nemmeno che lo può essere solo su disposizione della Autorità
Giudiziaria. Dice che il cittadino che fa richiesta o già fruisce di alcuni
servizi sociali deve essere disposto a spalancare la sua casa, i suoi conti, i
suoi scrigni segreti all'Ente dal quale dipende l'erogazione di tali servizi.
L'edilizia residenziale pubblica viene indicata espressamente come uno di questi
servizi assieme ad altri come gli asili nido, le residenze per anziani,
l'esenzione ai ticket ecc. ecc.
Conseguenze: in assenza di dichiarazione si può d'ufficio essere collocati alla
categoria dei più ricchi, con un canone di mercato; la dichiarazione porterebbe
al passaggio di "fascia di reddito" con una canone più alto; si
potrebbe comunque arrivare (in relazione alla definizione di indicatore del
reddito famigliare del Comune) anche alla revoca dall'assegnazione con
successivo sfratto.
L'Unione Inquilini si è opposta in molte sedi a tale decreto e alle ingiuste
sue applicazioni. La cosa è stata affrontata nel recente congressso con una
risoluzione che si rivolgeva a tutti i sindacati dei lavoratori affinchè
proteggessero i risparmi di tanti ex operai ed impiegati, le loro liquidazioni
che altro non sono che salario differito.
Anche in queste settimane che ci separano dal congresso di uno di questi
sindacati, la CGIL, stiamo cercando di farci entrare un ordine del giorno che si
impegni alla revisione o alla netta precisazione del concetto di ricchezza
malamente indicato nel decreto 109/98. E' una questione di enorme rilevanza,
perchè, anche senza ulteriori provvedimenti legislativi, basta una certa
applicazione (quella in atto) per escludere dalle prestazioni dello Stato
Sociale (o di quello che resta) milioni di famiglie a reddito medio-basso, con
conseguenze enorme sul loro livello di vita e di consumi.
Abbiamo deciso di inserire la lettera e il commento nel fatto del mese, ma forse
dovremo andar molto oltre.
Gentile Ass. Unione Inquilini,
avrei un quesito da sottoporVi.
Io ed i miei genitori abitiamo in un appartamento di proprietà del Comune.
Tutti gli anni in gennaio ci arriva un modulo da compilare e da consegnare
con le dichiarazioni dei redditi di tutti i componenti la famiglia ai fini del
calcolo dell'affitto annuale.
Quest'anno ci ha arrivato un modulo chiamato "Dichiarazione sostitutiva
unica", nel quale oltre ai redditi, proprietà, ecc, viene richiesto anche
il patrimonio mobiliare (c/c, fondi, titoli, ecc. con le istituzioni che hanno
in gestione essi, cioè banca, sim, ecc.).
Ora io mi chiedo quanto può essere giusto tutto ciò in quanto i miei genitori
potrebbero avere da parte qualche soldino grazie ai sacrifici di una vita!!
Siamo tenuti a dare questi dati? Se non li indichiamo cosa potrebbe succedere?
otrebbero eventualmente sfrattarci? Se si entro che termini? Non esiste più il
segreto bancario? E la legge sulla privacy? A quanto mi risulta solo la Finanza
ha competenza di controllare i deposito bancari e solo nei casi di evasione
fiscale o frode. E' giusto?
Io personalmente sto cercando un appartamento da acquistare con un mutuo, sono
tenuta a comunicare i miei patrimoni mobiliari lo stesso anche se magari tra 1
mese non abiterò più nell'appartamento? Se io non indico questi redditi ed i
miei genitori sì cosa succede? Esiste un tetto massimo di patrimonio mobiliare
al di sopra del quale non si
ha più diritto all'appartamento del comune?
Vi ringrazio fin da ora per la collaborazione che vorrete accordarmi
rispondendomi al mio indirizzo e-mail.
Qualora non vogliate o non siate in grado di rispondere ai miei quesiti, Vi
prego di scrivermelo al più presto e di indicarmi l'ente o gli enti ai quali mi
posso rivolgere anche a pagamento ovviamente (compresi i Vs. uffici di Bologna e
provincia).
Distinti saluti
Marilena
Indice Comunicati