Unione
Inquilini
Segreteria nazionale
Documento
conclusivo del Convegno di Milano
25 maggio 2002.
Edilizia sociale, saccheggio, resistenze, alternative.
Questo governo si sta dando
da fare: trasferisce gli immobili degli Enti Previdenziali ai cartelli
della finanza (nel nostro caso il cartello ha la sigla S.C.I.P. !),
mette le mani sulle fondazioni, assegna il patrimonio dello Stato "indisponibile"
a società per azioni sedicenti pubbliche.
Ora, con compiacenti operazioni decentrate, dovrebbe toccare all'insufficiente
e comunque imponente patrimonio residenziale pubblica, cioè alle
case popolari.
Quante in Italia? Circa 1 milione, tra quelle di proprietà degli
IACP e quelle di proprietà comunali.
Valore di mercato? Non meno di 50 miliardi di euro, 100 mila miliardi
di lire.
Si agisce con operazioni a catena.
Si incomincia con gli affitti e i programmi di vendita agli assegnatari:
con un'iniqua applicazione dell'ISEE - indicatore sulla situazione
economica del nucleo familiare - si otterrebbero aumenti del monte canoni
dal 50 al 70%; è contestuale il blocco della legge 560/93 che
permette ancora agli assegnatari di comprare la casa in cui abitano
a prezzi scontati rispetto a quelli di mercato.
L'operazione si sviluppa con il trasferimento del patrimonio degli IACP
alle Regioni e/o ai Comuni
e si completa con una trasformazione
radicale delle gestioni.
E' quello che conta, perché non si tratta solo della gestione
quotidiana dei rapporti ma delle decisioni sull'uso delle risorse e
non ultimo a chi affidare gli appalti. Cose grosse.
Tanto grosse che si stanno spendendo dei miliardi per studi di fattibilità
e simulazioni di statuti.
Solo in un caso siamo già alla legge, nell'Emilia Romagna.
Ora, sia che la gestione rimanga pubblica (caso del Lazio di Storace
e dell'Emilia Romagna di Errani) o venga affidata a Società di
Capitale (ipotesi ventilata dalla Giunta della Lombardia) o a Società
per Azioni (scelta già fatta ma non attivata dal Comune di Firenze,
perché contestata da un fortissimo movimento di assegnatari
e non condivisa da altri capoluoghi di provincia in Toscana ), gli indirizzi
sono sostanzialmente omogenei: non sarebbe più perseguito l'equilibrio
di bilancio ma la realizzazione di forti "utili d'esercizio"
e si vorrebbe intervenire non solo per il settori socialmente deboli
della popolazione ma per fasce reddituali intermedie e questo in assenza
di finanziamenti pubblici.
A tal scopo si aprirebbero i consigli di amministrazione a società
private di sicuro riferimento politico, si affiderebbero ad altre società
di scopo, con un processo di esternalizzazione indefinito, funzioni
oggi svolte da un unico soggetto gestore pubblico, e per non lasciare
senza compensi delle compiacenti dirigenze sindacali, si confezionerebbero
dei contratti di servizio a loro destinati.
Il nocciolo duro, che dovrebbe giustificare tutto questo nuovo meccanismo,
è la presa d'atto dell'inesistenza di una prospettiva di finanziamenti
pubblici del tipo e consistenza della Gescal e della necessità
di affidare l'ERP necessario all'autofinanziamento dall'ERP oggi esistente.
E' uno sconsiderato salto all'indietro. Si passa dal pur unilaterale
contributo Gescal, comunque versato da decine di milioni di lavoratori,
ad un "contributo di solidarietà" (termine usato in
un documento della Regione Lombardia), imposto a qualche centinaia
di migliaia di assegnatari che dovrebbero garantire una casa popolare
a chi ne ha ancora disperato bisogno. Sono milioni!
E' un'ipotesi non funzionante, non solo per una scontata robusta resistenza
degli assegnatari - che non nuotano nell'oro! - ma per l'esiguità
dello stesso potenziale campo contributivo.
Dunque va presa un'altra
strada.
L'Unione Inquilini sta provando a farlo a caldo in confronti regionali
e nella prassi sociale.
La proposta si è andata chiarendo resistendo ai due progetti
di privatizzazione della gestione, quello Tosco-Fiorentino del Centro
Sinistra e quello Lombardo di Formigoni.
Schema base per una piattaforma nazionale:
-
Premessa costitutiva
della piattaforma: le "case popolari" sono state realizzate
dai contributi di una sola classe sociale, i lavoratori dipendenti,
per fini di solidarietà; per questo gli enti formalmente
proprietari e i gestori hanno l'obbligo di amministrare tale patrimonio
senza perseguire fini di lucro.
-
La trasmissione delle
proprietà immobiliari pubbliche a Regioni e/o ai Comuni - passaggio
derivato da veri e propri colpi di mano con fondati elementi di illegittimità
- deve rispettare comunque tale premessa anche nella forma giuridica
della gestione, che noi individuiamo nelle "istituzione pubblica".
-
Gli assegnatari
tramite i loro rappresentanti eletti e i rappresentanti dei lavoratori
devono "ritornare" a contare nelle strutture di indirizzo
programmatici e di controllo sulla gestione.
-
I canoni devono essere
"sociali", cioè proporzionati al reddito e rapportati
alle condizioni degli alloggi; in nessun caso "analoghi"
a quelli di mercato, nemmeno ai cosiddetti "affitti concordati";
il contratto di locazione deve essere a tempo indeterminato.
-
I proventi dei canoni
devono essere finalizzati alla gestione e alla manutenzione degli
alloggi e non indirizzati al finanziamento dell'ERP .
-
Irrinunciabile - e
condizione fondante per l'intera piattaforma - è un serio
programma di edilizia sociale finanziato dalla fiscalità generale,
dello Stato e delle Regioni: obiettivo minimo dell'1% del bilancio
dello Stato.
-
Di valenza strategica
è l'efficace impiego dei residui fondi ex Gescal, quelli
trasmessi nel 2001 alle Regioni dal Comitato per l'Edilizia Residenziale
- Ministero dei LL.PP. (9000 miliardi di lire) e quelli assegnati
alle Regioni con le due delibere del CIPE (1991 e 1993) e ancora non
erogati ai Comuni, perché privi di progetti esecutivi. In
tutto oltre 15.000 miliardi di lire con una potenzialità di
100.000 alloggi. E' vitale esercitare su questo terreno una fortissima
azione di vigilanza sui programmi in atto ma nel contempo la proposizione
di nuove scelte di impiego.
L'Unione
Inquilini pertanto:
-
denuncia e rigetta
lo spezzatino federalista in atto - fatto di saccheggio, incompetenza
ed egoismo - come uno dei fattori da cui può derivare la sparizione
dell'edilizia residenziale pubblica;
-
richiede al Governo
la convocazione a tempi ravvicinati della Conferenza Nazionale
sulla Casa, proposta già formulata a Roma l'11 dicembre
2001 dall'ANCI, dalla Federcasa (associazione nazionale degli IACP),
da diversi assessori regionali e sostenuta da tutti i sindacati inquilini.
Ad un'eventuale non disponibilità del Governo si dovrebbe reagire
con una autoconvocazione della Conferenza Nazionale attivata
dalle parti sociali ed istituzionali convinte della necessità
ed urgenza di arrivare - dentro un nuovo indirizzo sulla politica
della casa - alla "determinazione dei principi e delle finalità
di carattere generale ed unitario in materia di edilizia residenziale
pubblica", principi e finalità che non possono ritenersi
estinti con il trasferimento di competenze alle Regioni avvenuto con
il titolo V della Costituzione.
-
propone all'intero
movimento per il diritto alla casa, e dunque ai sindacati degli inquilini,
ai comitati di base, alle associazioni locali, un percorso unitario
sulla base di principi e obiettivi condivisi arrivando ad una grande
manifestazione nazionale.
-
si impegna a
partecipare in modo adeguato al Forum Sociale Europeo che si
terrà a Firenze nel prossimo novembre e in particolare ad inserire
la lotta per il diritto alla, casa nei "diritti di cittadinanza
a livello globale" con la determinazione a resistere al saccheggio
del patrimonio abitativo pubblico in ambito europeo e mondiale, proponendo
la sintesi: contro il mercato - contro le privatizzazioni - per la
difesa e lo sviluppo dei servizi pubblici.
Il convegno sull'ERP ha
altresì deciso di aprire in tutte le sedi una vasta consultazione
tra gli assegnatari e gli aspiranti all'assegnazione di un alloggio
pubblico su questioni cruciali in modo da maturare una decisione collettiva.
Ci riferiamo in particolare all'aspirazione all'acquisto dell'alloggio
assegnato, al rapporto tra questa crescente spinta e l'esigenza di mantenere
a livelli decenti la consistenza del patrimonio abitativo pubblico,
e nel contempo all'effetto sulle posizioni degli assegnatari delle
operazioni di impossessamento finanziario di tale patrimonio.
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