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VENERDI'
29 NOVEMBRE ORE 21 - A
FIRENZE, IN VIA DEI PILASTRI 41 R. INCONTRO DI LAVORO PER DARE
CONCRETEZZA AL DOCUMENTO UNITARIO CONTRO LE PRIVATIZZAZIONI IN TOSCANA ____________________________________________ Da cittadino a utente, da utente a cliente. Da cliente a suddito, da suddito a servo. Dai diritti ai servizi, dai servizi alle
prestazioni. Dalle prestazioni all'assistenza. CONTRO IL SACCHEGGIO
SOCIALE, INVERTIAMO IL CICLO! I processi di aziendalizzazione
vengono da lontano (basta pensare al passaggio dagli IACP alle Ater, alla
trasformazione delle Usl in Asl, dell'Asnu in Quadrifoglio), ed hanno sempre
avuto una solida copertura a sinistra. Ci riferiamo alla Toscana, ma questo
schema può essere esteso alla Lombardia, altra regione emblematica. Il quadro
istituzionale della Toscana e della Lombardia…. Sgombriamo il campo
da ogni possibile equivoco. Entrambe le regioni, in sintonia con i loro
schieramenti di riferimento, indirizzano la macchina pubblica al sostegno delle
imprese. La centralità assoluta dell’impresa, e dei suoi interessi, è elemento
costitutivo anche laddove, tra gli stessi amministratori della Toscana, c’è la
piena consapevolezza che lo sviluppo dell’impresa non si accompagna con quello
dell’occupazione. Toscana e Lombardia
sono state negli ultimi anni le regioni simbolo del processo federalista,
marciando unite, sotto la direzione di Chiti e Formigoni, nei confronti dello
stato centrale e divergendo nell’interpretazione del ruolo delle regioni. Il modello lombardo è
un modello “bonapartistico”. La regione esige la devoluzione di poteri dallo
stato. Il presidente è il Governatore, prima autorità politica, ma sotto certi
aspetti anche “militare”, avocando a sé la possibile sospensione della vita
civile e la gestione di tutte le emergenze. Il rapporto con gli altri enti
locali (province e comuni) è un rapporto puramente gerarchico. Il modello toscano è
diverso, presenta se stesso come orizzontale, mette sullo stesso piano tutte le
autonomie locali (regioni, province, comuni) legate tra loro dalla magica
parola “sussidiarietà”. Ma la regione
esercita, oltre alla funzione legislativa, le funzioni di governo, riservando a
sé, oltre al controllo della spesa, la definizione delle cornici programmatiche
- e delegando la loro applicazione e l’erogazione dei servizi alle province e
ai comuni. Questo modello
finisce per incentivare la privatizzazione dei servizi, determinano una
difformità di trattamenti che confligge con la Regione impositrice di tributi,
uniformi su tutto il territorio. La Regione Lombardia
è un rompighiaccio che regala al mercato tutte le sfere che ne sono state,
finora, relativamente fuori. Chi ha paga, chi non ha resta fuori e viene
affidato alla più o mena caritatevole attenzione della Compagnia delle Opere,
sostenuta dal denaro pubblico. La Regione Toscana
cerca di temperare queste politiche, confidando su una ammortizzazione
conseguente alla struttura economica della Toscana (il 14% della popolazione
mantiene un rapporto diretto od indiretto con l’agricoltura, una percentuale di
poco più bassa con il sistema del turismo), sulla redistribuzione della miseria
(togliere servizi dando lavoro sottopagato, è questo uno degli utilizzi delle
cooperative), sulla presunta capacità
di mettere dei freni (i “paletti” che ci rammentano sempre) alle
liberalizzazioni. Emblematica è la
Toscana ….. perché influente
sulla politica dell'intero centro sinistra e per il ruolo dei DS. I Toscani
hanno ruoli preminenti, con Vannino Chiti responsabile della organizzazione
nella segreteria nazionale, con Leonardo Domenici presidente della associazione
nazionale dei comuni italiani, e, per non dir di altri, di Giovanni Bechelli,
già sindaco di Scandicci, massimo dirigente della TAV e via dicendo. Emblematica è la
Toscana per la rete di relazioni con il mondo economico e con le banche, la
copertura del territorio con il sistema di cooperative, soprattutto di consumo,
il controllo della stampa e della TV, e non ultimo per un comportamento delle
amministrazioni locali teso a rappresentare sempre più i ceti medio - alti
della popolazione. Il blocco politico
dominante in Toscana è convinto, per tutte queste relazioni e per il sistema di
comando, di non aver gran che da temere dal centro destra (di cui occupa gran
parte degli spazi), di poter condizionare la sinistra di opposizione politica e
di riuscire a confinare in ruoli marginali quella sociale. Dunque di poter
operare sul piano delle trasformazioni strutturali senza troppi rischi. Questo spiega come in
Toscana un secolo di lotte, conquiste e riconquiste, del movimento dei
lavoratori e delle autonomie locali, sia stravolto dagli epigoni di questo
schieramento senza grossi scossoni, almeno fino a questo momento. Come merce qualsiasi,
sono o saranno privatizzate l'acqua, il metano, la sanità, le farmacie, le
centrali del latte, lo smaltimento dei rifiuti, i trasporti, l'istruzione e la
formazione, l'ambiente, i cimiteri e i beni culturali, le case popolari e gran
parte dei servizi alla persona… Le scelte
strutturali in Toscana come in Lombardia (ma potremmo estenderla ad altre aree
europee) sono supportate da una valutazione di fondo che va pienamente
analizzata Per dirla con la
massima sintesi, gli amministratori di alcune regioni e dei grandi comuni, sono
partiti, ancora prima delle leggi nazionali come quelle sull'ISE e ISEE
(Indicatori sulla situazione economica ed equivalente per la selezione
all'accesso delle prestazioni sociali) e il complesso del D.Lgs. Bassanini, da
una particolare valutazione sulla capacità economica della popolazione. A loro avviso
l'estrema maggioranza era ed è in grado di fare a meno di servizi o di beni a
prezzi politici. Può e deve pagarseli a prezzi di mercato o tendenzialmente
tali. Si tratta a nostro
avviso di una valutazione grossolanamente sovrastimata sulla ricchezza degli
italiani e degli stessi toscani, che nei fatti esprime qualcosa di molto
preciso: una operazione di "dimagrimento" del reddito delle famiglie,
con il trasferimento delle loro risorse al complesso sistema delle imprese e/o
ai nuovi assetti politici. Tale trasferimento è contestuale al saccheggio delle
strutture sociali, nel quale il sistema politico torna ad essere attore
principale, in parte autonomo. Di questo si tratta
quando - ad esempio - si realizza un insieme di Società per Azioni pseudo
pubbliche nelle quali il ceto politico dominante si presenta come imprenditore.
Le conseguenze? Le più visibili riguardano incrementi tariffari che
colpiscono alla radice la socialità delle erogazioni; altri sono
progressivamente avvertiti: * È accresciuta la
difficoltà dei rapporti tra cittadini-utenti ed erogatori dei servizi; ° E' espropriato il
potere di indirizzo e di controllo delle assemblee rappresentative (consigli
comunali in particolare) non solo per le attribuzioni di sostanza programmatica
alle "privatizzate" ma per il trasferimento nei loro organi
dirigenti del personale politico
più influente ; ° In pochi anni si
produce un drastico peggioramento delle condizioni dei lavoratori di tali
settori con la progressiva trasformazione dei rapporti d'impiego da pubblico e
a tempo indeterminato, a determinato e dipendente da strutture private o da
subalterne cooperative. Si consuma così
una vera e propria retrocessione della democrazia, delle libertà, delle
condizioni di vita e di lavoro di intere popolazione - mascherata da
dichiarazioni di modernità, di efficienza e di diversa equità. Dichiarazione di intenti: 1)
bisogna uscire da una
fase nella quale si contesta di volta in volta una singola operazione di
saccheggio e privatizzazione; bisogna tradurre ogni lotta in solidarietà attiva
di tutta l'opposizione sociale. 2)
l servizi sociali sono
diritti, e quindi, per loro natura non possono essere dominati dalle leggi del
mercato, che concepisce il servizio solo come fonte di profitto. La forma
giuridica Spa per sua natura istituzionale deve annualmente avere un bilancio
in attivo e distribuire degli utili. Quindi la Spa per l'erogazione dei servizi
sociale è una contraddizione in termini. 3)
E' quindi necessaria la
massima chiarezza di atteggiamenti nel confronti dei suddetti processi: non è
ammissibile per le forze politiche, sindacali o per le associazioni coinvolte
partecipare alla gestione delle nuove società. 4)
Solo in tal modo un
movimento - da realizzare in tempi non troppo lunghi - può presentarsi ai
cittadini, ai lavoratori e alle famiglie come "il difensore generale" dei diritti
sociali, per la ripresa di un potere di indirizzo e quant'altro può derivare
dalla prassi. 5)
sulla base delle
posizioni espresse rivolgiamo a tutti i gruppi di cittadini, di lavoratori, ai
movimenti, alle associazioni le seguenti proposte: ·
Creare una rete o coordinamento contro le
privatizzazioni, come forma convergente di tutti coloro che lottano e si
oppongono a questo immane saccheggio. ·
Affrontare delle campagne che collettivamente
si reputano mature (acqua, patrimonio abitativo, servizi comunali, sanità,
scuola, trasporti…); ·
Promuovere nel mese di dicembre una settimana
della autorganizzazione sociale (ad esempio dal 9 al 15 dicembre), dove
giorno per giorno lavoratori e lavoratrici alle prese con processi di
privatizzazione parlino alla città (es. il lunedì la sanità, il martedì i
trasporti, il mercoledì gli enti locali, il giovedì le poste, il venerdì le
cooperative, sabato la casa…). Tale proposta di
documento è stata redatta su mandato dell'assemblea di Firenze del 19 ottobre
2002 al Dopolavoro Ferroviario, a cui hanno partecipato esponenti di Attac Firenze, Camera del Lavoro Sociale, Cobas-Scuola, Collettivo omne
studenti e precari, Confederazione Cobas, Coordinamento Assegnatari
Autogestioni, C.P.A., i settori aderenti alla Cub di Firenze, Movimento di
Lotta per la casa, Rifondazione Comunista, S.in.Cobas, Social Forum Firenze,
Social Forum Valdarno, Unione Inquilini.
E' stata materialmente
composta da rappresentanti di Cobas-Scuola, Confederazione Cobas, CUB, RdB,
Unione Inquilini. Viene diffuso in
tutte le reti di riferimento con l'invito a produrre, oltre che eventuali
osservazioni e correzioni, adesioni collettive ed individuali. Firenze, 25 ottobre 2002. |
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