Documento sul rinnovo della Convenzione nazionale ex legge 431/98 - maggio 2002. Unione Inquilini - Segreteria Nazionale

 

 

1. In premessa segnaliamo che il canale concordato previsto dalla legge 431/98 e che nella sua filosofia avrebbe dovuto essere quello principale non è stato scelto dalla maggioranza dei locatori, che hanno ancora preferito la continuità offerta dai cosiddetti "patti in deroga" trasfusi nell'art. 2 comma 1 della legge 431/98.

La stesse grandi proprietà - comprese quelle assicurative - hanno manifestato una forte reticenza ad aderire al canale concordato, arrivando solo negli ultimi mesi ad alcuni accordi quadro nazionali (A.N.I.A.).

I motivi sono evidenti: il differenziale tra il netto ottenuto con un canone "libero" e quello con il "concordato" non è tale da indurre alla seconda scelta.

 

E' comunque vero, ed è un dato da evidenziare, che loddove sono state aperte delle serie trattative, queste sono state sempre chiuse con accordi; segnaliamo a riguardo quelli per gli Enti previdenziali pubblici, per le Poste, l'Enasarco, l'Inpgi, l'Enpaf, i fondi di previdenza bancari. Altri se ne stanno aggiungendo. 

Ma questo avviene per la concentrazione anche territoriale della proprietà (soprattutto a Roma), per una sensibilità degli enti o società proprietarie in qualche modo "pubblica", e per dei rapporti sindacali consolidati.

Diversissimo è il caso delle relazioni con il resto della  proprietà.

 

2. L'Unione Inquilini ha una posizione definita nel recente congresso nazionale (Chianciano, novembre 2001) che può essere così riassunta: è strategico procedere all'abolizione del doppio canale, lasciando il solo canale concertato e in subordine che sia reso davvero preferibile il canale concordato con un incrocio di detrazioni fiscali per il locatore e il conduttore e un fondo nazionale per il sostegno all'affitto degno di questo nome.

Ma questi sono un aspetti che non competono alla Convenzione Nazionale, anche se non possono essere glissati nel confronto tra le parti sociali e tra le parti sociali e il Governo.

 

Esprimiamo peraltro la convinzione che a legislazione invariata la Convenzione del 1999 sia in pratica quasi immodificabile, rappresentando essa un equilibrio, precario, che con modifiche sostanziali verrebbe rotto: una generale ripresa del dibattito potrebbe portare all'annullamento di fatto della convenzione.

Scenario che rifiutiamo.

 

3. Ma noi non pensiamo che la legislazione debba essere invariata né che non si possano collegare delle opportune modifiche di legge (soprattutto a livello fiscale) ad una parziale revisione della Convenzione.

 

Di seguito alcune proposte:

 

-         Il Governo dovrebbe intervenire sulle detrazioni fiscali relative ai contratti "liberi" (art. 2 comma 1), fino alla loro soppressione; i motivi della loro esistenza sono scomparsi con la fine dell'equo canone cui erano in sostanza collegati e neppure è convincente un loro collegamento agli oneri di conservazione e manutenzione degli immobili, per i quali sono in atto altre agevolazioni fiscali;

-         il Governo dovrebbe aumentare le detrazioni fiscali per gli inquilini e in particolare prevedere che queste siano estese a tutte le tipologie di contratto (libero e agevolato);

-         analogamente la detrazione per i locatori che scelgono il canale concordato dovrebbe essere portata al 50%;

-         per quanto riguarda l'ICI - stante l'improponibilità della sua abolizione per i devastanti effetti che avrebbe sulla finanza dei Comuni - i locatori che stipulano contratti con canoni concordati potrebbero portare in detrazione l'intero ammontare dell'ICI corrisposta, mantenendo in ogni caso la possibilità per i Comuni di applicare a loro delle aliquote agevolate;

-         non concordiamo con chi propone l'adeguamento Istat per i contratti stipulati ai sensi dell'art. 2 comma 1 mentre potrebbe essere applicato l'adeguamento al 30% dell'ISTA per i contratti di cui all'art. 2 comma 3.

 

Riteniamo che NULLA debba essere toccato o variato per quanto riguarda i contratti transitori, salvo il fatto di poter portare la durata dei contratti per gli studenti universitari dagli attuali 18 mesi ai 24 mesi.   

 

3. Altra questione, il ruolo delle associazioni sindacali degli inquilini e della proprietà nella stipula dei contratti concordati.

 

Senza nulla togliere alla nota sentenza della Corte Costituzionale (  ) riteniamo matura una riflessione unitaria sulla necessità di un controllo sulla regolarità di tali contratti e soprattutto della liceità delle clausole in essi spesso sovrapposte. Ci sembra corretto affidare alle organizzazioni che hanno realizzato la Convenzione Nazionale e gli Accordi Territoriali tale ruolo: si tratterebbe di apporre una certificazione di conformità alla legge e agli accordi  e non abbiamo alcuna reticenza a configurare l'obbligatorietà di tale certificazione.

 

Le parti sociali sanno bene da quale realtà contrattuale deriva questa nostra esigenza, che nulla ha da spartire con la fattispecie rapportata ai "patti in deroga" - che altro non erano che un compensazione ai sindacati per l'estinzione dell'equo canone. Ora si tratta di una categoria contrattuale ben più complessa, rapportata ad un lavoro paziente ed analitico e con conseguenze di natura fiscale che non possono essere governate da un coacervo di incontrollati attori privati.

 

4. Ed ancora ma di non minore importanza ci appare necessario che i firmatari della Convenzione Nazionale e in particolare il Ministero si impegnino (anche con inserimento in apposito capitolo della nuova Convenzione) non solo allo sviluppo degli accordi nel canale agevolato, ma anche ad una vasta campagna di informazione, anche attraverso spot televisivi, di informazione sulle agevolazioni fiscali per proprietari e inquilini relative a tale canale e di forte contrasto ai contratti extra legem ovvero non registrati.

 

5. Come funziona il fondo sociale? E' una questione che non sta nella Convenzione ma ne è intimamente connessa. Se fallisce il fondo va in crisi tutto l'impianto della 431/98.

Non c'è dubbio che  se il fondo sociale è una delle sue strutture portanti, non si può non rilevare:

-         l'inadeguatezza grave dell'attuale stanziamento che sta mettendo in difficoltà regioni e città con un forte peso demografico. Si sta addirittura verificando quello che mai doveva succedere, e cioè che nel corso del periodo di valenza contrattuale arrivano agli interessati delle comunicazioni di riduzione del contributo o addirittura del suo annullamento (non per perdita di requisiti ma per carenza di risorse): il Governo deve ascoltare le proteste degli enti locali e di tutti i sindacati inquilini e predisporre nella elaborazione del documento di programmazione economica propedeutico alla finanziaria 2003 uno stanziamento almeno doppio di quello attuale (oltre i 500 milioni di euro);

-         che stanno arrivando segnali preoccupanti in ordine all'impianto complicatissimo delle domande, ai ritardi nell'erogazione del fondo, a situazione di inadeguatezza degli stessi uffici preposti. C'è poi una questione strutturale: molti Comuni - non tutti ma tra i più grandi - hanno scelto un meccanismo di calcolo dell'ISEE per valutare l'ammissibilità delle domande che esclude dal fondo strati cospicui di inquilini poveri: con 50 milioni di valore patrimoniale (somma di valore catastale e/o valore dei risparmi) a Firenze se ne viene esclusi; a Milano con meno, e così via. Una malintesa concezione dell'autonomia degli enti locali produce guasti e ingiustizie gravi, tali da indebolire fortemente l'efficacia di questo strumento. Riteniamo che sia non rinviabile una iniziativa del Governo che promuova un tavolo nazionale a cui partecipino l'ANCI e i Sindacati firmatari della Convenzione Nazionale per accertare le disfunzioni di sistema ed elaborare delle proposte correttive.

 

Questo documento è stato inviato per e-mail alle sedi UI, al Ministero delle Infrastrutture e a Sunia,Sicet,Uniat.

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