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CASA SENZA DIRITTI: non si può soltanto deprecare! Un articolo e una proposta di lotta. Pubblicato Su "Liberazione" giovedì 13 marzo 2003. pag. 20
Quando sono stato informato che il governo aveva ulteriormente ridotto il “sussidio” per le famiglie in affitto, quelle più povere, ero incredulo, nonostante quello che mi dico di Tremonti e Berlusconi, di Maroni e Fini, e dei loro stravaganti sottosegretari, uno dei cinici è il Martinat di Torino con delega alla casa. Invece sì: su quello che resta dell’inquilinato, parte più indigente della società, si scatena il peggio. Non una speranza di case popolari, non un sostegno di fronte al caro fitti, non una proroga di alcuni sfratti, si spara nel mucchio, e il mucchio è sempre più ampio. Mi diceva un interlocutore autorevole, uno dei capi delle Generali, che stante le aspettative delle società e dei privati, la case in affitto non possono – per i bilanci delle famiglie standard – essere offerte dal mercato. Buono a sapersi. Ma allora la questione è un’altra. Riguarda noi, difensori dei diritti sociali e della stessa dignità umana: noi non possiamo soltanto imprecare, dobbiamo agire. Abbiamo da riorganizzare una massa enorme e dispersa; e per questo dobbiamo riconvertire a tempi rapidi una organizzazione generosa ma inadeguata. E’ naturale per noi raccogliere le richieste di aggregati concentrati e numerosi, capaci di costituire i comitati inquilini; è il caso delle decine di migliaia di inquilini degli Enti previdenziali e di alcune grandi proprietà bancarie e assicurative; è tradizionale l’impianto sindacale - che va comunque molto rafforzato – nelle case popolari. Si tratta di grandi numeri; sono oltre un milione di famiglie. E’ questione diversa entrare negli indirizzari di chi fa domanda per il contributo all’affitto e non gli viene dato, e di chi lo fa per un alloggio popolare la cui realizzazione è – se va bene – programmata a tempi non brevi. Eppure si tratta anche in questo caso di grandi numeri. L’indagine ANCI-CRESME 2002 su 82 comuni ad alta tensione abitativa espone un vero e proprio dramma nello scandalo quando registra in questi comuni 117.853 domande di assegnazione di case in Edilizia Residenziale Pubblica a fronte di 9.273 alloggi consegnati! Con il taglio della finanziaria e con l’ulteriore provvedimento di questi giorni saranno oltre 80.000 le famiglie che perderanno il contributo all’affitto, il 50% delle quali concentrate nelle città di Milano, Roma e Napoli. Noi ne conosciamo una parte; quella parte (nei bandi per l’ERP e per il contributo) va “registrata”, collegata, costituita in gruppo. Non importa se all’inizio si tratterà solo di una frazione di una umanità precarizzata e delusa; la inseriremo nel movimento più forte, quello costituito dai comitati di inquilini e di lotta nelle grandi proprietà. Dove è possibile ed è possibile in molte città si ricominci a tradurre lo scandalo in protesta e la precarietà in ribellione. Le parole sono grosse, certo, ma sono del tutto commisurate alla situazione. Dobbiamo uscire dalle strettoie degli ultimi anni e mi spiego. Non si tratta più di attestarci a difesa di una legge che si basava tutta sugli incentivi fiscali per i locatori. all’invito al mercato alla moderazione e ad un corposo sussidio agli indigenti. Oggi il pendolo s’è spostato in modo parossistico verso il massimo arbitrio. Bisogna essere netti: non possiamo contrattare in un clima di civile convivenza con chi reputa normale imporre un affitto pari o superiore ad un “buon” salario; non possiamo rispettare la sacralità delle leggi e delle sentenze, anche quando provengono da una strabica Corte Costituzionale che con una serie di pronunce ha sottratto ai sindacati la possibilità di controllo sulla regolarità dei contratti, ha eliminato le Commissioni Prefettizie, ha dichiarato non vincolante il pagamento delle tasse per dare inizio ad un procedimento di sfratto, ha dato via libera al massimo di risarcimento dei danni per chi non se ne va di casa nei termini della disdetta, e nei prossimi giorni si appresta a sentenziare - su richiesta della Confedilizia - addirittura contro le proroghe dell’esecuzione degli sfratti per i cittadini più anziani, più poveri e portatori di handicap! Dobbiamo, per legittima difesa, ripensare subito alle necessarie forme di resistenza sociale. Va intanto ricostruito un clima nel quale l’indignazione sia un sentimento civile da cui derivi una moltitudine di azioni nonviolente. Si ricominci con i tabelloni di denuncia delle vessazioni, con i nomi degli strozzini della casa, si organizzino presidi di protesta, si costruiscano le condizioni nelle quali le stesse autoriduzioni dei fitti siano atti sorretti da un movimento generale. E si chiami in questa necessaria mobilitazione civile lo schieramento di cui siamo parte e che – ne sono sicuro – nella radicalità delle posizioni ci riconoscerà e ci sosterrà.
Vincenzo Simoni – Segretario Nazionale dell’Unione Inquilini |
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