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A proposito del “né…né”.          (Lettera a Liberazione).

Qualche giorno fa mi sono incontrato con alcuni esponenti della segreteria nazionale della CGIL a cui ho espresso la solidarietà della Segreteria Nazionale dell’Unione Inquilini ad segretario generale Epifani.

Oggi voglio andare oltre al “né…né”.

A nove giorni dall’invasione dell’Iraq si deve prendere atto che l’esercito iracheno combatte anche quando è separato dai suoi comandi; che la popolazione non è “ancora” insorta; che – a prescindere dal loro sostegno o ostilità per il regime di Saddam – preponderanti masse arabe si schierano al fianco degli iracheni perché essi “difendono la loro Patria”; ed ancora, a nove giorni dall’inizio della guerra, che gli anglo-americani sono percepiti a livello mondiale non come liberatori ma come terrorizzatori.

Domani, un domani, sarà diverso? Tutto può darsi, ma le cose ora stanno così.

Andiamo avanti. Sull’antiamericanismo è bene intenderci.

Oggi l’”americanismo” si presenta come sfrenato egemonismo, capofila del saccheggio dei beni e servizi sociali a livello planetario; questa percezione è tanto più netta quanto più sono minacciate le coesioni sociali ed economiche ancora funzionanti, dove, almeno fino a questo momento non sono state dissolte le strutture e le regole dei welfare socialdemocratico/nazionale. Pensa inevitabilmente a questo proposito all’area franco-tedesca ma non solo. Simmetricamente, l’antiamericanismo è predominante nelle aree da oltre un secolo dominate dagli Stati Uniti e mi riferisco all’intera America Latina che quando dice USA sa di che si tratta. Ma voglio dire qualcosa anche sugli USA e sulla Gran Bretagna: qui l’opposizione al “bushismo” e al “blairismo” ha ormai radici strutturali e irriducibili e non riguarda solo intellettuali e studenti, è anche sindacale; è la consapevole opposizione al liberismo sfrenato che coniugato alla politica di guerra accelera la distruzione di ogni residuo paracarro sociale e precarizza con la disoccupazione e il “cattivo lavoro” ogni settimana altre centinaia di migliaia di famiglie.

Potrei andare avanti ma voglio tentare una conclusione.

A mio avviso è del tutto fuorviante la dicotomia Bush-Saddam. Qui non si tratta di scegliere tra due opzioni “mondiali” e nemmeno di contrastare un modello culturale – se si ammette che lo stesso regime iracheno è in gran parte alieno per le sue caratteristiche laiche – nel costume certo non nelle istituzioni! - a quasi tutti i regimi dell’area di crisi medio orientale. La minaccia epocale al processo di riequilibrio mondiale, alla necessità di una nuova coesistenza tra grandi regioni politico-economiche, nelle quali si ricostruiscono solidarietà e coesioni comunitarie è rappresentato, se non dagli Stati Uniti tout court (se ne può discutere), senza alcun dubbio dal “bushismo” o come si voglia in modo più articolato definirlo. E’ il “bushismo” che, senza le oscillazioni e mediazioni clintoniane, pretende di realizzare un mondo neofeudale, fatto di vassalli, compradores e clienti; con un “grande bastone” – già visto più di un secolo fa e da allora ripetutamente applicato all’America Latina - una orrenda tecnologia per mettere in riga l’intera umanità. A qualcuno piace questo mondo? Ma sì, ci sono sempre stati i mascalzoni, i prepotenti, gli opulenti, i sicofanti dei vincitori – non lo vedete come si sbracciano sulle nostre televisioni?

Non sono pochi e non vanno sottovalutati. Ma essi sono i nemici dei popoli e della Terra.

E dunque ….

Vincenzo Simoni 


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