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Unione InquiliniSegreteria nazionaleRoma, Via Cavour 101. Tel. 06 4745711 – Fax 06 4882374segr.naz@unioneinquilini.it - www.unioneinquilini.it Roma-Firenze – ottobre 2003Casa/oggi/domani1. Dignità della persona e diritto alla casa Rif.: Dagli art. 2 e 3 e 41 della Costituzione Italiana e dall’Appello ai ministri europei dell’alloggio. La disponibilità di un alloggio dignitoso è una necessità “vitale”. Senza tale disponibilità è non solo “impedito il pieno sviluppo della persona umana” (art. 3 Cost. It.) ma indebolito fino alla soppressione ogni diritto di “cittadinanza”. Le persone coinvolte in tale stato devono essere protette ai sensi dell’art. 2 della Costituzione Italiana; merita trascrivere integralmente tale articolo perché dal medesimo derivano gli obblighi non solo per le istituzioni della Repubblica ma per le stesse comunità e per la stessa attività dei singoli (art. 41 comma 2 e 3 Cost. It. sui limiti e finalità sociali della proprietà privata). “ La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.” Le connessioni tra il riconoscimento e la garanzia e tra la garanzia e l’adempimento qualificano in modo progressista la nostra Costituzione sviluppando in avanti i principi fondamentali contenuti nei Bills of Rights e nelle dichiarazioni preliminari dei testi fondanti della Costituzione degli Stati Uniti e delle Costituzioni della Prima Repubblica francese. Gli articoli 2 e 3 della Costituzione Italiana delineano un percorso programmatico obbligante per la loro realizzazione. Il diritto all’alloggio come diritto alla vita porta a delle conseguenze operative che riassumiamo in quattro prescrizioni: 1. non è consentito lo sfratto senza una dignitosa e sostenibile alternativa (programmazione degli sfratti – legittimità della commissioni prefettizie o comunali: inique e incostituzionali sentenze, salvo l’ultima del 1 ottobre 2003, della Corte Costituzionale) 2. nella considerazione dei diversi diritti in conflitto ha comunque la precedenza il diritto alla vita che potrebbe essere minacciato da una forzata espulsione (sospensioni delle esecuzioni di sfratto per categorie “deboli”); 3. in caso d’inevitabilità dello sfratto o di radicale carenza d’alloggio i Sindaci, con le prerogative previste dalla Legge Sanitaria, hanno il diritto/dovere di intervenire per proteggere la salute dei soggetti o dei nuclei coinvolti in tale stato di precarietà, e i soggetti hanno il diritto di richiedere tale intervento anche con specifiche “ingiunzioni”; (nel recente passato queste sono state le motivazioni forti degli atti di requisizione di alloggi disponibili); 4. i bilanci di previsione dello Stato o degli enti pubblici territoriali, anche alla presenza di gravi squilibri tra le entrate e le uscite, devono mantenere e/o incrementare stanziamenti, personale, strutture per la protezione dei diritti inviolabili; le eventuali riduzioni della spesa devono a cascata applicarsi ad altri impieghi, da quelli accessori a quelli rinviabili nel tempo. 2. Diritto e mercato Fino all’inizio degli anni 80 i bisogni vitali insoddisfatti della maggioranza della popolazione avevano determinato un clima favorevole ad un regime vincolistico e di regolamentazione del mercato delle locazioni con l’approvazione della legge 392/78 (l’equo canone). Negli anni ’90 il miglioramento di status per milioni di famiglie ha autorizzato il legislatore ad una serie di controriforme che significativamente sono partite proprio dal settore delle abitazioni. I patti in deroga, di fatto sostitutivi di quelli ad equo canone, hanno anticipato altre operazioni, utilizzando come volano i redditometri, che progressivamente sono stati applicati ai ticket sanitari, alle tariffe per le RSA, all’accesso agli asili, agli assegni nel diritto allo studio. La normativa di sistema codificata tra il 1998 e il 1999 dai governi Prodi e D’Alema sta estendendo i sui effetti nel settore delle abitazioni, con filtri iniqui per l’accesso ai contributi all’affitto e – recentemente – sui criteri di valutazione dei redditi per l’accesso all’ERP e per la determinazione dei canoni di settore. Nel 1998 la legge 431 sul nuovo regime delle locazioni ha avuto la presunzione di sostituire al regime vincolistico, formalmente ancora vigente, un sistema complesso, fatto di accordi volontari, di incentivi fiscali e di sostegni alla locazione. I limiti della legge sono diventati contraddittori con i suoi moderati presupposti quando la congiuntura finanziaria, destinata a mantenere i suoi effetti anche in presenza di un’inversione di tendenza dei mercati azionari e obbligazionari, ha determinato un incremento dei valori immobiliari tale da precludere l’accesso ad un alloggio qualsiasi (in vendita o in locazione) non solo ai soggetti deboli ma alla generalità dei soggetti con redditi medio-bassi, o di ammetterlo al prezzo di un loro drammatico impoverimento. Gli effetti del mercato si sono incruditi quando il fondo nazionale per il sostegno all’affitto, in un primo tempo iniquamente sottratto ai residui fondi ex Gescal, dovendo essere alimentato dal Bilancio dello Stato è stato ridotto al punto di prefigurarne l’estinzione. La situazione di crisi della 431/98 è avvertita da più parti. Stanno confluendo nelle Commissioni parlamentari i progetti di riforma di Rifondazione Comunista, è al lavoro un gruppo costituito ad hoc da parte dei componenti dell’Ulivo nella VIII Commissione della Camera, dovrebbe partire una raccolta di firma per una legge di iniziativa sindacale. Il Ministero del Welfare ha pensato di intervenire con provvedimenti di sostegno alle giovani coppie e alle famiglie; si sta lavorando per una conferenza nazionale sulla casa; in alcune regioni – come la Toscana - si preparano delle conferenze analoghe, non si sa ancora se preventive o successive a quella nazionale. Ci sono dei tentativi per inserire la problematica italiana in un quadro europeo. Vorremmo in questa sede tentare una ricognizione sulle proposte esponendo contestualmente le nostre posizioni: - prima questione, la dimensione del bisogno: a nostro avviso è concentrato non solo nelle grandi aree metropolitane ma anche nelle città d’arte e in quelle con un forte insediamento universitario; è reso acuto dalle aspettative del mercato immobiliare e finanziario, locale e internazionale; coinvolge il diritto alla casa e il diritto allo studio; si tratta di milioni di famiglie; se il mercato comunque sostenuto non è idoneo a dare una risposta sostenibile è inevitabile rinvigorire un mercato pubblico di fatto antagonista; - seconda questione, il reperimento delle risorse: è preoccupante, e a nostro avviso foriero di laceranti conflitti, che ci si voglia attingere, per il sostegno alla locazione e per gli auspicati programmi di edilizia sociale, alle già scarse risorse dell’ERP esistente; ci riferiamo ad operazioni connesse a sostanziali modifiche delle leggi regionali sui canoni, alla volontà diffusa di abrogare, con normative regionali, la legge 560/93 sui prezzi di vendita di questi alloggi, alla vendita all’asta degli alloggi pubblici, fino e non ultimo alla crescente sottrazione degli alloggi di resulta alle loro destinazioni istituzionali; l’opposizione è sostanziale, tra chi sceglie di detrarre risorse da un preciso settore della popolazione e chi ritiene improcrastinabile attingervi dalla fiscalità generale con un prelievo selettivo sulla rendita e sulle plusvalenze dei fondi di investimento immobiliare, affiancate a precise rimodulazioni dell’ICI. Tale orientamento conflittuale con interessi forti, quando non siano addirittura ampiamente connessi a colossali operazioni di riciclaggio, deve obbligatoriamente essere accompagnato da una svolta nell’impiego della non trascurabili risorse pubbliche. 3. Fronte unico, per che cosa? A nostro avviso rischia di essere fuorviante un fronte unico tra ANCI, Regioni, Federcasa, e Sindacati contro lo Stato e i Governi in carica se le Regioni, i Comuni, gli istituti operanti nell’ERP, non fanno il loro dovere. Ci riferiamo ai residui ex Gescal, compresi i definitivi trasferimenti dalla Cassa Depositi e Prestiti nella primavera 2001, non spesi o mal spesi; ci riferiamo ad una precisa sequenza di atti e omissioni che può essere riassunta: - nella carenza di idonei provvedimenti urbanistici; - in PEEP scaduti, non rinnovati o distorti nelle loro finalità; - in piani di recupero di facciata e comunque onerosissimi; - in subalterni rapporti pubblico-privato soprattutto nella contrattazione sulle aree industriali dismesse; - in una poco convinta opposizione/contrattazione con lo Stato nei processi in atto di cartolarizzazione. E’ invece auspicabile un fronte unico se le assemblee elettive e i governi delle città e delle regioni assumono delle adeguate scelte urbanistiche, se si rendono disponibili ad un’operazione verità sul recupero, se conquistano il massimo di autonomia nei confronti dei processi di trasformazione urbana, se aprono una vertenza generale con lo Stato sull’uso sociale del suo patrimonio, scontando un inevitabile il conflitto con Patrimonio S.p.A. e con le cartolarizzazioni predisposte dal Tesoro. 5. Riassunto del quadro di riferimento da noi auspicato: 1. Si assuma il diritto alla casa come diritto alla vita con le conseguenze operative delineate nel paragrafo 1 ai punti 1, 2, 3, 4. 2. Si affrontino i rinnovi dei patti territoriali ex legge 431/98 senza alcuna ratifica del trend speculativo/finanziario 1999 -2003: nessun bonus fiscale come premio alla patologia del mercato. 3. L’edilizia residenziale pubblica sia messa in grado di raffreddare lo stesso mercato privato; si realizzino a livello regionale e metropolitano osservatori con la partecipazione dei sindacati inquilini e dei lavoratori per il controllo e la verifica sugli impieghi delle risorse (residui ex Gescal, proventi delle vendite e dei canoni, risorse aggiuntive). 4. Sia urgentemente esercitata una pressione nazionale sul Parlamento e sul Governo anche con un evento pubblico di massa affinché il bilancio dello Stato preveda uno stanziamento significativo per l’ERP (come base va assunta la richiesta, ampiamente circolata, dell’1% sul bilancio generale dello Stato). 5. Si riconducano all’ERP le risorse immobiliari dello Stato oggi dirottate nelle cartolarizzazioni; nei piani speciali (come quello dei 20.000 alloggi in affitto) si raggiunga un equilibrio virtuoso con le proposte dei privati, facendo estrema attenzione ai livelli dei canoni concordati che non possono comunque parametrarsi sull’attuale dinamica del mercato. 6. Si recuperi in questa prima fase il livello di stanziamento per il fondo di integrazione all’affitto del triennio 1999-2001; e si verifichi in relazione ai punti 1, 2, 3, 4 la necessità di un incremento ulteriore. Infine, si può esaminare senza pregiudizi ogni altra proposta, come quella che ipotizza un utilizzo delle risorse disponibili da parte delle fondazioni, o di fondi chiusi o quant’altro in cerca di una moderata redditività, ma con la consapevolezza che prima di ogni apertura a interlocutori esterni è necessario fare in conti in “casa nostra”, cioè sulla utilizzazione dei fondi pubblici esistenti o disponibili e degli alloggi di resulta. Questo per evitare ogni possibile depistaggio dall’accertamento delle responsabilità istituzionali. Vincenzo Simoni Segretario Nazionale Unione Inquilini |
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