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Cartolarizzazioni: una storia criminale


La bolla speculativa immobiliare e lo scandalo delle cartolarizzazioni in Italia

 

Nello scoppio della crisi economica più grave a partire dal 1929, la speculazione immobiliare internazionale ha avuto un rilievo fondamentale.

Sottolineo tre aspetti, che meriterebbero ognuno ulteriori approfondimenti specifici.

 

  • La crisi dei mutui americani e l'aggravarsi della sofferenza abitativa.

E' stata la prima esplosione della patologia della crisi: una finanziarizzazione speculativa senza rapporto con l'economia reale. Negli USA, oltre 2 milioni di abitazioni sono oggi sotto amministrazione controllata. Nelle zone povere delle città americane, le banche (anche quelle europee) dopo l'esproprio dei mutuatari insolventi, risultano essere tra i più grandi proprietari terrieri (1). In Italia, emergono dati agghiaccianti sugli sfratti: in un anno sono cresciuti di quasi il 20%. Oltre 50.000 sentenze solo nel 2008, di cui 41.000 (l'82%) per morosità. Un contenuto di piattaforma importante per i comitati contro la crisi che si propone di costituire: ottenere il blocco degli sfratti per la morosità incolpevole.

  • Il rapporto tra speculazione immobiliare e la questione urbana (potremmo dire, in positivo, tra diritto alla casa e diritto all'abitare).

Non solo le case, ma gran parte delle nostre città, degli immobili, delle reti di approvvigionamento, dei servizi,   sono diventate, dentro i processi di privatizzazione in atto, sfere di investimento e di decisione del capitale privato. Ciò comporta la fine dell'urbanistica come programmazione e governo pubblico dello spazio urbano. La "città come bene comune" è uno dei punti di fondo per la costruzione dell'alternativa.

  • La bolla speculativa.

Le operazioni di finanziarizzazione del settore immobiliare hanno interessato moltissimo i più importanti gruppi imprenditoriali  e determinato un vero e proprio riassetto al suo interno. La capitalizzazione di borsa dei capitali immobiliari ha smosso miliardi di euro. Un solo dato generale: in Italia, nel periodo in cui i redditi nominali sono cresciuti del 13%, i valori immobiliari sono schizzati del 131% (una velocità 10 volte maggiore). Una parte fondamentale della torta è stata rappresentata dalle dismissioni del patrimonio pubblico, che ha avuto una accelerazione fortissima, nelle procedure e nei tempi di effettuazione, attraverso le cosiddette "cartolarizzazzioni". Un giro di affari enorme, una bolla speculativa immensa, causa non effimera di quella droga finanziaria che ha ucciso i più poveri e ha finito per avvelenare l'intera economia.

 

Vorrei tradurre questo impianto nel concreto della vicenda italiana, in quello che possiamo definire il capitalismo reale, l'intreccio perverso, cioè, tra politica, affari, speculazione finanziaria. Uno scandalo di enormi proporzioni che investe direttamente le istituzioni governative, nazionali ed europee e il rapporto tra queste e il sistema creditizio globalizzato.

Per rendere il racconto più interessante, possiamo tradurlo come la trama di un film, una sorta di romanzo criminale che ha per protagonisti e interpreti attori famosi del sistema creditizio mondiale e del crack finanziario globale: Lheman Brothers, J.P. Morgan, ecc. e per procuratore esecutivo (il mandante), il trattato di Maastricht e, in particolare, la tenuta del rapporto tra debito e PIL.

Il regista e sceneggiatore di questa grande opera è senza dubbio il potente Ministro dell'Economia, Giulio Tremonti.

Oggi Tremonti sembra un altro, come i grandi registi che passano con disinvoltura dal drammatico al comico, sempre regalando capolavori. Recentissimamente ha compiuto un'altra piroetta tornando ai fasti del passato, dei condoni tombali e delle sanatorie a tutto spiano, con la riedizione dello scudo fiscale, ovvero della sanatoria dei capitali irregolarmente esportati, riapre un nuovo capitolo della saga per cui negli anni tra il 2001 e il 2006 il Ministro Tremonti ha lasciato una impronta nella politica economica e fiscale del governo italiano.

Ma, fino a poco tempo fa, nel momento dell'esplosione della crisi finanziaria, Tremonti ha attraversato la fase penitenziale. Era per dare "eticità" al mercato. Nel suo ultimo libro parla della "crisi come una Parmalat globale, dove emerge il comportamento malato della finanza speculativa, capace di emettere bond, carta senza valore, per miliardi di euro e poi, attraverso fondi complici e compiacenti, spalmarli su offerte complesse di investimenti da piazzare a tutta la cittadinanza, inconsapevole del rischio" (2). Il tutto può essere sintetizzato da questa formula che addita il vero responsabile della crisi mondiale: "la tecnofinanza, degenerazione del sistema economico che definiamo mercatismo".

Nel 2001, però, il Ministro non la pensava così. La finanza creativa era allora il suo vangelo.

Era, come già detto, il Tremonti inventore delle più moderne e spregiudicate operazioni finanziarie utilizzate per fare cassa. Era il Tremonti che invitava  gli italiani, nel loro piccolo, a fare come gli americani, a indebitarsi e ipotecare la propria casa per avere liquidità e rilanciare i consumi.

Era il Tremonti delle cartolarizzazioni, in particolare degli immobili pubblici

Non si è prestata attenzione a questa vicenda come sarebbe stato necessario. Mario Sensini, (3)  la definì come "una delle più grandi dismissioni immobiliari mai fatte al mondo". Più modestamente, Tremonti ha parlato della "più grande cartolarizzazione mai fatta da uno Stato europeo".

Una vicenda che si snoda come un colossal con una trama avvincente perché è una applicazione reale della finanza creativa, applicata a una cifra enorme. La Corte dei Conti nel 2006 (4) ha fatto un primo rendiconto: a fronte di portafogli cartolarizzati pari a 129,1 miliardi, sono stati conseguiti ricavi pari a 57,8 miliardi con un importo alla riduzione del debito pari a 15,9 miliardi (ogni 8 miliardi cartolarizzati meno di 1 miliardo di riduzione del debito).

Spieghiamo per sommi capi il meccanismo prodigioso messo in piedi: il Tesoro vuole vendere gli immobili e li cede in blocco a una "società veicolo" appositamente costituita, la "SCIP" (Società di Cartolarizzazione Immobili Pubblici). Questa anticipa al Tesoro un corrispettivo immediato, che non sborsa in proprio ma ricava con l'emissione sul mercato di obbligazioni. La SCIP, a sua volta, rimborsa gli investitori delle somme ricevute più gli interessi tramite i fondi incassati attraverso le vendite che effettua.

Fin qui tutto normale o quasi, si potrebbe dire. Ma, come in tutti i film di successo, arriva il colpo di scena. Cosa succede se la SCIP non riesce a rimborsare le obbligazioni ? Nessun problema, paga lo Stato ! I titoli, infatti, sono garantiti a prescindere dall'esito delle vendite. Potremmo dire che le obbligazione sono vendute sul mercato ma garantite a prescindere dal mercato.

Una necessità, verrà detto, perché le Agenzie di rating non abbassino la valutazione sulla bontà dell'investimento. D'altra parte, la "tripla A", massima valutazione del rating,  è garantita per investimenti sul mercato azionario ma senza il rischio perché lo Stato garantisce a priori il pagamento degli interessi coprendo l'eventuale differenza se, alla fine del processo, la SCIP non è in grado di onorare i debiti. 

Come finanza creativa non c'è male. Siamo di fronte all' applicazione concreta del modello neoliberista della finanza speculativa: privatizzare gli utili e socializzare le perdite.

Ma, facciamo un passo indietro.

Cosa è la SCIP ? Le cronache (5) ci raccontano che SCIP nasce il 23.11.2001 presso uno studio notarile di Roma e viene costituita da due avvocati in rappresentanza di due fondazioni olandesi con sede in Lussemburgo, il suo capitale sociale ammonta a 10.000 (si, avete letto bene diecimila!) euro e con un cittadino scozzese ultrasettantenne, Gordon Burrows, alla presidenza. Insomma, a dirla chiaramente, SCIP è una scatola vuota. Ma capace di fare soldi per sé e il sistema delle banche.

Come tutte le grandi saghe, l'affare SCIP si svolge a puntate. Scip 1 e Scip 2 sono preparate con cura e vanno in onda.

Il primo film si dimostra un successo e le vendite consentono di pagare le obbligazioni alle scadenze previste. La replica,  Scip 2, nata sulle ali dell'entusiasmo, si rileva assai più ostica: le vendite si dimostrano assai inferiori alle attese. A fine 2008, si registravano incassi pari al 66,5% di quelli previsti, assai inferiori a quelli necessari a far fronte al rimborso del debito accumulato con l'emissione dei bond (6).

Un terzo sequel: Scip 3 la cartolarizzazione dei beni della Difesa, invece, rimane allo stato di sceneggiatura. Il ciack non arriva perché ormai incombe il fallimento della Scip 2.

Cosa succede infatti alla fine del film Scip 2 ?  Una cosa semplicissima e neanche tanto lontana dal non poter essere immaginata dall'inizio: le obbligazioni emesse superano le vendite effettuate e la SCIP non ha i soldi per pagare le scadenze. E, come da copione, interviene lo Stato: 1,7 miliardi di euro.

Siamo all'attualità: l'11 febbraio 2009 (sono passati 9 anni dalla prima cartolarizzazione e dall'invenzione della SCIP) sempre lo stesso regista, il ministro  Tremonti,  ne decreta il fallimento e la conclusione dell'operazione: lo Stato paga le perdite.

La finanza creativa svela il suo segreto: non si è affidato al mercato un affare dando in cambio l'onere del rischio; si è regalato l'affare senza il rischio connesso, accollato allo Stato.

Ma ci hanno rimesso tutti ? No, i miracolati sono le banche che hanno emesso i bond, i consulenti, i gestori e nessuno conosce i contratti stipulati dalla lussemburghese SCIP, i dati non sono pubblici. Particolare esotico: su un giornale economico , si legge: "Burrows e le due fondazioni olandesi ancora oggi risultano nell'organigramma e nell'azionariato di SCIP. Ma, nel frattempo, nello stesso indirizzo della società, Via Eleonora Duse 53 a Roma, è spuntata una quarantina di società immobiliari e finanziarie, tutti controllati da altrettante fondazioni olandesi. Un florilegio di srl dai nomi a dir poco pittoreschi: Macbeth, panacea, Atlantide, Tevere Finance....... ."(7)

Con il linguaggio pudico che gli è proprio, la Corte dei Conti aveva parlato chiaro già dal 2006: "I rischi principali delle operazioni di cartolarizzazione sono costituiti dalla loro scarsa trasparenza e dalla cosiddetta <sovracollateralizzazione>. Nel caso degli immobili pubblici, le garanzie di diritto o di fatto accordate all'acquirente società veicolo, sono stati tali da mantenere il rischio al cedente" (8). E il cedente, la storia parla chiaro, è lo Stato italiano.

Nessuno sa con certezza perché i contratti non sono pubblici ma una stima realistica parla di un costo dell'operazione tra 850 milioni e 1 miliardo  e 300 milioni di euro che, sommati a 1,7 miliardi di perdite, fa una cifra di 3 miliardi di euro tondi. Uno scandalo da capogiro seguito da un'altra circostanza scandalosa: il fatto che sia passato sostanzialmente sotto silenzio. Fatto oltremodo strano, visto che il governo italiano, nella figura del suo leader Berlusconi e dei suoi principali Ministri, sia stato messo alla berlina, non solo nel proprio Paese, a causa di una serie di comportamenti e di azioni illeciti.

Per cercare di spiegare la ragione di questa strana omissione, avanzo una ipotesi cui faccio seguire alcune considerazioni di carattere politico, che riguardano anche la politica delle sinistre dentro la crisi del sistema politico italiano.

  • La dimensione generale delle cartolarizzazioni è emblematica dei processi innescati dalle politiche di privatizzazione e abbattimento del welfare, imposte dalla globalizzazione neoliberista. E' il moloch di Mastricht che colpisce. L'operazione nasce con lo scopo dichiarato di fare cassa per ridurre il debito e rientrare nei parametri del rapporto debito/PIL (effetto conseguito in maniera assai modesta rispetto alle risorse investite, come riconosciuto dalla Corte dei Conti). Allo stesso tempo, con le cartolarizzazioni, alla fine il denaro fresco è stato attinto dai redditi popolari (salari e pensioni, liquidazioni) impegnati nell'acquisto delle case. Infine, si abbatte il welfare: quegli immobili pubblici cartolarizzati erano a garanzia delle prestazioni previdenziali. Potremmo dire, senza esagerazione, che l'operazione cartolarizzazioni, nella sua dimensione generale, è dentro una logica condivisa, sia dalle destre che dal centro sinistra, una dimensione "europea" (intendendo per Europa, questa Europa delle banche e dei trattati liberisti).
  • Si dice che Tremonti, appena insediato nel Ministero dell'Economia nel 2001, abbia trovato il progetto già pronto nella scrivania dell'ex Ministro di centro sinistra, Visco. Senza nessuna volontà di mettere in secondo piano il contributo creativo di Tremonti, non possiamo non riconoscere che in quella battuta maliziosa si nasconde una verità. Il progetto di dismissione degli immobili degli Enti Previdenziali Pubblici partì nel 1995 ai tempi del governo Dini, sostenuto dalla sinistra moderata, quando fu varata la prima controriforma pensionistica voluta dalle tecnocrazie europee. Fu il governo guidato dall'esponente degli allora democratici di sinistra, D'Alema ad ipotizzare la possibilità della vendita in blocco degli immobili pubblici (9). Insomma, la continuità è evidente: Tremonti ha agito lungo un percorso, tracciato a suo tempo dal centro sinistra. Circostanza questa vera anche per altri campi, in particolare per quanto riguarda le principali scelte di politica economica e finanziaria.

 

Le sinistre radicali, quale lezione possono trarre da vicende come questa ? Innanzitutto, va riconosciuto che, nella vicenda delle cartolarizzazioni, le sinistre, sia dentro il quadro politico che in quello sindacale e di movimento, non sono state assenti. Si è combattuto e con qualche risultato non marginale, anche utilizzando la postazione di far parte della maggioranza e del governo dentro le alleanze dell'Ulivo e dell'Unione (10). Leggendo le oltre 350 pagine della relazione della Corte dei Conti, già più volte citata, si legge come i vertici della SCIP abbiano tentato di addebitare alle istanze del movimento per il diritto alla casa la responsabilità del proprio fallimento. Una delle motivazioni di fondo portate a giustificazione del buco da 1,7 miliardi di euro consiste infatti che le emissioni dei bond furono superiori al volume delle vendite perché essi erano rapportati all'evoluzione del prezzo di mercato mentre, invece, per la pressione delle sinistre, dei sindacati e dei movimenti, rimasero bloccati al 2001 e gli inquilini pagarono di meno di quanto era stato preventivato dai vertici della SCIP.

Un buon successo per le tasche dei lavoratori e dei pensionati che abitano in quegli immobili ma non tale da cambiare il segno complessivo dell'operazione. Come in altre circostanze, forse in questo caso addirittura meglio di altre circostanze, siamo alla riduzione del danno non all'inversione della tendenza. Si è forse riusciti a far inceppare il meccanismo messo in atto con tanta arguzia, ma sicuramente non a far cambiare la strada. Alla fine, i profitti li hanno fatti lo stesso e il conto lo hanno lasciato da pagare a tutti noi (11). le sinistre politiche e sociali, dal punto di vista politico generale, hanno giocato, quindi, un ruolo subalterno.

 

Insomma, il tema da non eludere o rimuovere è il fallimento drammatico del centro sinistra e delle sinistre dentro quel ciclo. Dentro in altri termini, il fallimento della sinistra di governo. Parlo di un fallimento generale: al governo nazionale e nelle principali esperienze di governo regionale (pensiamo al caso Campania) e delle grandi città (pensiamo al disastro del cosiddetto "modello Roma").

Su questo nodo cruciale sarebbe necessario un vero approfondimento che vada oltre il processo sommario a questo o quel leader per indagare le radici culturali, gli elementi strutturali, le condizioni sopranazionali di questo esito. Senza il coraggio di questa analisi critica, nessuna rifondazione della sinistra è possibile e si rischia di rimanere impantanati nel puro politicismo, in formule o formulette gattopardesche: dire che si cambia ma non si è in grado di cogliere l'essenziale del cambiamento da realizzare. Per rimanere nel tema delle politiche abitative, il punto di fondo consiste nell'invertire la tendenza: dalla dismissione passare all'incremento (in forme innovative) del patrimonio pubblico. Su questo asse e sulla connessione tra diritto alla casa e la città come bene comune, cioè tra abitazione e abitare, dovrebbe concentrarsi la costruzione di una alternativa alla devastazione delle privatizzazioni e alla speculazione urbana. 

 

 Walter De Cesaris

 

 

Note:

 

(1) Knut Unger: "Dalla crisi immobiliare al diritto alla città". MieterinnenvereinWitten. Marzo 2009.

(2)     Tremonti: "La paura e la speranza". Mondatori, 2008

(3)     Corriere della Sera dell'1 aprile 2004

(4)     Corte dei Conti, delibera n. 4/2006 del 31 marzo 2006 - Relazione concernente l'indagine sui risultati delle cartolarizzazioni

(5)     Robetta Carlini: "Tremonti chiude la Scip e il conto a noi". Sbilanciamoci.info. 12.2.2009

(6)     Maria cecilia Guerra: "Ma quanto ha reso vendere gli immobili pubblici ?". La Voce.info. 05.05.2009

(7)     Italia Oggi del 12.2.2009

(8)     Corte dei Conti, delibera già citata

(9)     Legge finanziaria del 1999

(10)   Rifondazione Comunista ha partecipato dal 1996 al 1998 alla maggioranza che ha sostenuto il primo governo Prodi. Dal 1998 al 2001, sinistra DS, PdCI e Verdi, dopo la rottura tra PRC e Ulivo, parteciparono ai due governi successivi di centro sinistra, presieduti il primo da Massimo  D'Alema e il secondo da Giuliano Amato. Dal 2006 al 2008, PRC, PdCI, Sinistra DS e Verdi parteciparono direttamente al secondo governo Prodi, dentro l' alleanza dell'Unione

(11)  Roberta Carlini, articolo già citato

 

 

 




Data notizia12.01.2010