Pisa: UNIONE INQUILINI PISA
UNIONE INQUILINI PISA
Sede di Pisa – Via del Cuore 7
Sede di Cascina – Via Palasciano 3
Sede di Pontedera – Via Morandi 2
Pisa, 21 febbraio 2005
A Pietro Assetta e a tutte/i le Compagne/i dell’ UNIONE INQUILINI
In riferimento a quanto scritto da Pietro molto volentieri vorrei dare fiducia al centrosinistra (che ora si chiama come noi UNIONE), ma i fatti concreti me lo impediscono. Infatti ciò che Pietro evidenzia in Abruzzo (Regione, ATER, Comuni di destra) avviene ugualmente anche in Toscana (Regione, ex ATER, Comuni di “sinistra”).
Nei fatti non c’è alcuna differenza concreta tra i due modi di governare; entrambi seguono i meccanismi del sistema capitalista fondato sul liberismo, le privatizzazioni, il lavoro precario e lo sfruttamento dei lavoratori. Forse le forme esteriori qualche volta sono diverse, per lo meno a parole, ma gli effetti sono ugualmente devastanti per gli inquilini, i bisognosi di casa, per i proprietari della sola casa di abitazione e, in generale, per i lavoratori dipendenti, i piccoli artigiani e bottegai, i disoccupati e i pensionati.
L’ UNIONE INQUILINI in questo mondo, fondato sulla valorizzazione del capitale anziché sul valore d’uso, è rimasta tra le poche associazioni che continua a lottare per l’affermazione dei diritti dell’uomo, tra i quali quello alla casa, alla città e alla stessa vita da esseri umani e non da pecoroni rimbambiti dalla stampa e dalle TV di Berlusconi.
Guarda caso anche nella ex rossa (di vergogna) Toscana la legge regionale che regola l’ERP ha lo stesso numero 96 del 1996 dell’Abruzzo e anche in Toscana negli stessi anni gli IACP sono stati trasformati in ATER gettando “ancor più nel baratro il settore dell’edilizia pubblica” specialmente per la mancanza delle necessarie manutenzioni e per una politica di privatizzazione delle case popolari che ha ridotto notevolmente la consistenza del patrimonio edilizio pubblico proprio in un momento in cui il bisogno abitativo per i ceti sociali più poveri si è fatto drammatico anche in seguito alla liberalizzazione del mercato immobiliare introdotta dal governo D’Alema (complici Diliberto e Bertinotti) con l’infame legge 431/98.
Ma in Toscana il centrosinistra ha voluto fare ancora peggio rispetto al resto d’Italia trasformando le ATER (Aziende economiche regionali soggette al diritto pubblico) in società per azioni che, come è noto, hanno per legge finalità economiche e giuridiche di lucro e sono soggette alle norme di diritto privato.
Questi sono fatti, non propaganda elettorale !!
Forse l’unica differenza tra Abruzzo, governato dalla destra, e Toscana, governata da 60 anni dalla “sinistra”, sta nel fatto che, almeno nella Provincia di Pisa, i soldi ricavati dalla privatizzazione delle case popolari in base alla Legge 560 sono stati in gran parte reinvestiti nella costruzione di nuovi alloggi di ERP, ma con un rapporto di 4 a 1, cioè vendendo 4 alloggi popolari col ricavato si è potuto costruire un solo alloggio nuovo con un conseguente notevole impoverimento del patrimonio immobiliare pubblico a tutto danno dei bisognosi di casa. Inoltre la costruzione dei nuovi alloggi popolari spesso è avvenuta con appalti clientelari a ditte che poi hanno dichiarato fallimento con enormi ritardi nella consegna degli alloggi e con costruzioni di pessima qualità per gli scadenti materiali impiegati. Ma questo fa parte della “normale” politica economica e sociale di questo marcio sistema capitalista !
Perciò le compagne/i del Direttivo dell’Unione Inquilini di Pisa non pongono molte speranze sui risultati delle prossime elezioni regionali e su quelle politiche del 2006. Forse cambieranno i suonatori, ma la musica stonata resterà la stessa. Anzi peggiorerà la situazione perché nessuno di sinistra allora oserà criticare un governo nominalmente “di sinistra”, proprio come è avvenuto durante il periodo 1996/2001 quando i lavoratori e i ceti sociali più deboli sono stati colpiti da una grandinata di provvedimenti che li hanno penalizzati fortemente (guerra alla Jugoslavia, lavoro precario, modifica delle pensioni, privatizzazioni di tutti i servizi sociali, liberalizzazione del mercato immobiliare, ecc) senza riuscire o volere organizzare alcuna azione contrastante queste infamie.
Detto questo che fare ?
Condivido pienamente l’analisi di Vincenzo Simoni e, come lui, ritengo necessaria una più incisiva “resistenza” (picchetti antisfratto, denuncia di immobili sfitti e dei contratti fuori legge, pressione sugli enti locali per la costruzione di nuove case popolari e per la sospensione delle privatizzazioni, ecc.); ma non basta resistere. E’ necessario passare all’azione diretta con proposte concrete alternative, anche se di quasi impossibile attuazione in questo sistema socioeconomico fondato sulla mercificazione di tutto e di tutti per la valorizzazione del capitale investito.
Le nostre sono proposte giuridicamente compatibili col sistema e in certo modo appetibili anche per molti proprietari; ma in pratica difficilmente possono essere attuate se non mettendo in crisi la sacralità della proprietà privata che, invece, in questo ultimo decennio è stata liberata da tutti quei lacci e lacciuoli che tento impensierivano il Governatore della Banca d’Italia Carli.
· La prima di queste proposte è la richiesta di utilizzare parte delle entrate ricavate dall’ICI (imposta comunale sugli immobili, cioè una sorta di patrimoniale locale) per le manutenzioni straordinarie degli alloggi popolari e per acquisire altro patrimonio immobiliare pubblico.
· Proponiamo anche una sorta di autoriduzione dei canoni liberi con l’invito agli inquilini più combattivi di applicare unilateralmente i canoni previsti dagli accordi territoriali (canale concertato) e la contemporanea richiesta, attraverso una legge di iniziativa popolare a livello regionale, della abolizione del canale libero previsto dalla Legge 431/98.
· Altra proposta di legge a livello regionale potrebbe essere quella dell’obbligo di affitto a canone concertato degli immobili sfitti da più anni senza giustificato motivo, evidenziando che, in seguito al federalismo, la materia casa è diventata di competenza esclusiva delle Regioni e pertanto spetta ad esse emanare la legislazione relativa senza aspettare l’intervento del Parlamento.
· Anche il DM 240/2004, convertito in legge che prevede misure per favorire l’accesso alle locazioni da parte degli inquilini in condizioni di disagio abitativo (attualmente priva di efficacia concreta sia perché limitata nel tempo - 31/3/2004 - e ad alcune categorie di sfrattati, sia perchè dotata di scarsi fondi una tantum) potrebbe essere il punto di partenza per diventare una legge permanente che, grazie all’erogazione di adeguati finanziamenti statali annuali, permetta ai Comuni di prendere in locazione immobili da privati da sublocare a canone sociale ai bisognosi di casa che, pur percependo redditi incompatibili con gli affitti praticati sul libero mercato delle locazioni, non riescono ad accedere all’ERP per l’insufficienza di alloggi pubblici.
· Infine, quale nostra storica forma di lotta (come lo sciopero per i lavoratori dipendenti) dove fosse valutato possibile e necessario dovremmo riesaminare la possibilità di occupazioni di immobili sfitti di grandi proprietà per chiederne la loro utilizzazione anche per rispetto all’art. 42 della Costituzione che stabilisce che la proprietà privata abbia dei “limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti”.
Una cosa è comunque per me sicura: come scrive Vincenzo solo con una eccezionale unità interna, con una forte direzione sindacale e, aggiungo io, con una piena consapevolezza da parte dell’inquilinato di cosa sta avvenendo è possibile attuare alcune di queste proposte. Ma temo che queste condizioni non siano per il momento presenti in questa società dominata dall’individualismo e dal rampantismo politico.
Il Segretario Provinciale U.I. Pisa – Virgilio Barachini