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I voti alla Lega e al M5S nel Nord Italia: ma per l’alleanza non basta dare i numeri


http://www.cattaneo.org/wp-content/uploads/2018/03/Analisi-Istituto-Cattaneo-Analisi-territoriale-del-voto-Vassallo-2.pdf

La Lega ha il suo picco in Veneto con il 32,8% seguito dalla Lombardia con il 28,3% e dal Friuli V. G. con il 26,6%.  In tutte le altre regioni del nord va dal 23% del Piemonte al 19,6% dell’Emilia Romagna.

Il M5S avanza in Lombardia con il 21,1% rispetto al precedente 19,6%, in Emilia Romagna con il 27,1% rispetto al precedente 24,6%, in Trentino A.A. con il 19,9% rispetto al precedente 14,6% . Nelle altre regioni segna degli arretramenti, sostanziosi nel Veneto e nel Friuli V.G. e in Liguria, contenuti in Piemonte.

Comunque con cifre ampiamente superiori al 20%.

Non per l’oggi, ma nella prospettiva di una ulteriore crisi nel centrodestra, i dirigenti leghisti hanno immediatamente rimasticato questi numeri, soprattutto dopo le sfuriate di Berlusconi e Brunetta. Insieme al M5S e senza Forza Italia ci sarebbero potenzialmente delle maggioranze alternative.

Ma non basta dare i numeri!

Il nord è essenziale: qui è insediata la parte più sviluppata del Paese ma anche quella più esposta alle temperie internazionali. E’ il luogo assieme al Centro Italia delle più acute crisi bancarie, che non sono affatto riassorbite; è diviso tra settori industriali rampanti ed altri piegati dalla recessione dei consumi interni, con una agricoltura danneggiata dalle sanzioni alla Russia, e percorso da ininterrotte acquisizioni straniere nei confronti di asset strategici. E’ infine un Nord con ampie fasce di feroce sfruttamento del lavoro nella logistica e dai “terzisti” delle vallate lombardo-venete. Per non dire della tanto esaltata sanità lombarda progressivamente e onerosamente privatizzata.

E’ errato lo schema tardo-leghista sull’Italia divisa da “felix” ed “infelix”; tutta l’Italia è percorsa da profonde linee d’ombra, alcune più cupe, altre solo parzialmente tamponate, ma tutte con il segno della loro strutturalità.

Per questo sarebbe addirittura più facile fare un governo Di Maio-Salvini piuttosto che impostare una linea di svolta che abbia il duplice segno della protezione e dello sviluppo (per usare ancora un termine insulso).

Non è chiaro neppure di che trattare con i vertici dell’Unione Europea, quali clausole rimuovere, correggere o introdurre. E’ il governo del caos quello che incombe, con depistaggi del neo-atlantismo anti-russo e tanta voglia di lucrosissime guerre.

E’ evidente l’insulsaggine di un rinvio delle scelte alle elezioni europee del 2019, e tanto meno il cincischiare sulle nostrani clausole di salvaguardia per non obbligarci all’aumento dell’IVA.

Eppure sono in corso dei processi accelerati, che solo alcuni esperti denunciano, con delle convergenze franco-tedesche per imbrigliare qualsiasi autonomia finanziaria negli stati e nel sistema bancario, con il connesso mordacchio alla contrattazione sindacale e perfino con la resurrezione della CED (1).

Che altro dire? Che non si può proseguire con “le baruffe chiozzotte” (2) nei mattutini e serali talk show. Se l’Italia non è una inconsistenza geografica deve approfondire le sue ragioni che non sono solo quelle paesane. Ci pensano i gruppi dirigenti del M5S e della Lega? Probabilmente … e forse ne sono paralizzati. Perche quello che ci aspetta non è un pranzo di gala.

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(1)              https://it.wikipedia.org/wiki/Comunità_europea_di_difesa

La Comunità europea di difesa (CED) fu un progetto di collaborazione militare tra gli stati europei proposto e sostenuto dalla Francia e precisamente dal primo ministro René Pleven con la collaborazione dell'Italia di Alcide De Gasperi nei primi anni cinquanta. Il progetto fallì per l'opposizione politica della Francia, dovuta a un suo ripensamento successivo. l'Assemblea Nazionale francese rigettava il trattato (mediante un espediente procedurale) il 30 agosto 1954.

(2)             Viene considerata una delle più riuscite opere goldoniane.

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  Simoni, 28 marzo 2018.




Data notizia28.03.2018