Post - elezioni: imbroglio continuo?
Forse sì, in parte no. E’ che quasi sempre l’uno si divide in due (quando va bene) oppure in due e mezzo (ed è più frequente). E sono scomposizioni naturali, espresse dalle differenze geografiche, professionali, esistenziali e da un diverso senso comune che tende a generale degli insiemi. La rappresentanza proporzionale fotografa tutto questo, altri sistemi tendono alla repressione, forzando il più possibile. Per quale scopo: mettere le mani sul governo della cosa pubblica con la manipolazione del voto popolare.
Per i semplificatori la governabilità tramite le leggi elettorali proporzionali sarebbe dunque impossibile; ma attenzione, per costoro andrebbe rimosso nella sostanza il nucleo fondante la nostra costituzione espresso da un passaggio contenuto nell’art. 1: “La sovranità appartiene al popolo”, certo, da esercitare “nelle forme e nei limiti della Costituzione”, ma non affidata ad una parte del popolo. E il voto a suffragio universale (Cost. art. 48) che deve essere “personale ed eguale, libero e segreto”. Si ragiona allora di Costituzione “materiale”, stramba parola, che sottintende ben altro, allude alla forzatura determinata dagli interessi e dalle aspirazioni che dominano intere fasi storiche.
Torniamo ai tempi della Costituente; si concluse mentre la coalizione internazione antinazista si rompeva in due blocchi, con i neutrali inconsistenti. In Italia si divideva il Partito Socialista, tra una parte frontista e l’altra filo-americana. Da allora e per tre decenni, il voto degli italiani non fu “eguale” e nemmeno “libero”. Eravamo spaccati oltre le divisioni di classe, spaccati dalla fede religiosa, dalle subalternità del lavoro, dalle forme culturali, e ancora blocchi, imperialismi, liberazioni, insurrezioni, colpi di stato, assassini mirati e fino alle speranze di una rivoluzione ininterrotta.
L’Italia politica ha perso la sua grande occasione nel periodo va dal 1989 al 1993. Era possibile lo sblocco e la ricomposizione fondata su la proporzionalità autenticamente applicata della rappresentanza politica. Quale il depistante? Un umore giacobino del “tutti in galera”, una furiosa tempesta che grandinava sul bambino tenendosi l’acqua sporca. Fatale fu il 1993 contrassegnato da tre nomi-simbolo, Mariotto Segni, Sergio Mattarella, Achille Occhetto, proponente il primo del referendum elettorale, il secondo del Mattarellum e il terzo dalla cosiddetta Alleanza dei Progressisti. Annus horribilis il 1994: vinse Berlusconi. Da allora non ce ne siamo liberati. Poteva essere diverso? Certamente, con una legge elettorale alla tedesca. Leggete invece i risultati di quelle elezioni per la Camera:
FI-Lega Nord-AN: 16.588.162 seggi 366
Lista Segni-PPI 6.098.986 seggi 46
Progressisti 11.728.974 seggi 213
Il centro e la sinistra avendo con sé la maggioranza dei voti validi con una onesta legge elettorale avrebbero potuto costituire un governo del cambiamento, diverso dal centro sinistra logorato dal pentapartito, un governo di ricostruzione morale ed economica. Bisogna ricordare quel passato per non ripetere infausti errori. Ma precisando ancora; perché quelli erano gli anni della socialdemocrazia vincente ma anche del preptente fondamentalismo liberista; avremmo dovuto misurarci con dei transitori ripiegamenti ma anche con delle correzioni sistemiche; insomma ci saremmo misurati in una democrazia parlamentare pluralista, variabile, non bloccata. Ora il ciclo è diverso, ha bisogno di forme politiche che non siano truffaldine, ma con ben altra sostanza rispetto a “Mani Pulite”.
E qui non mi fermo!
Allora fu la crisi del “socialismo reale”, ora è la crisi d’ipercrescenza di questo “capitalismo reale” ma senza un simmetrico concorrente. Siamo con molta approssimazione a molto prima della Grande Guerra, in un frammentario cantiere alternativo non paragonabile nemmeno all’impianto della “sfortunata” Seconda Internazionale socialista.
Torno all’Italia del dopo elezioni: non è iniziata la Terza Repubblica e non è neppure la Prima e la Seconda. Tuoni, brontolii, saette, masse oscure, bagliori, vortici non dominanti: l’era dei disordini e delle limacciose rassicurazioni della statistica di regime.
Mettere ordine mentale in questo baluginare è possibile solo con delle drastiche revisioni linguistiche.
Classi, egemonia, sviluppo, crescita, innovazione, competitività sono paradigmi reali, ma non ordinativi: non sono più i fondamenti della politica economica globale e comunitaria.Il problema è come innestarci la revisione e da dove?
Entro nel dettaglio: quale tasso di protezione del mixing social-economico è compatibile con la voglia di esportare merci e conoscenze di pregio? quali norme che sbolognino la Bolkestein? quale filtro al mega branco del turismo? quale egualitarismo nella fruizione di servizi moderni e costosi per chi non è opulento? quale sobrietà che includa il gioco, la comunione erotica, la trasgressione simpatetica? quale viaggio che non sia solo prepotenza psicofisica?
E con chi farlo?
E qui si arriva alle sigle, ai personaggi, alle frazioni, al brulichio di speranze e ammiccamenti, prendendo sul serio ciascuno. Nessun senso ha il “non essere di destra né di sinistra”, perchè bisogna pur essere per qualcosa! E i valori quali sono? Ci sono! E insieme fanno una strana identità, modernissima e vincente, se non sarà sparigliata in questi stessi mesi.C’entra in tutto questo anche il popolo votante e transeunte, l’aspirazione a nuove unità, la voglia di far cose pulite: leghisti, grillini, sinistri libertari, i giovani di Piazza San Giovanni, con una musica finale fantastica; che potrebbero stufarsi di tutto e di se stessi anche. Non è un appello a prescindere, deriva da un lavoro che va fatto. Chi sono per dire tutto questo? Sono pochissimo! e fortunato di poter ancora comunicare sapendo di non essere “strano”. Bisogna non smarrirsi in queste giornate, bere un buon sorso di birra, miscelarsi, e se si può, consolare chi è depresso. Anch’io lo sono, da qualche settimana.
Ognuno faccia quello che deve e può.
Saluti a tutti voi.
Vincenzo Simoni – 2 maggio 2018.