Da Einaudi a Mattarella: di che stratta? con una integrazione al 15 maggio
Da Einaudi a Mattarella: di che stratta?
Appunti a cura di V. Simoni. Firenze, maggio 2018.
Sono ripiombato in questi giorni ai primi anni ’60, nel clima imperante alla Facoltà di Scienze Politiche “Cesare Alfieri” di Firenze con gli accademici più influenti che sciorinavano interi corsi ostili ai partiti di massa a cui opporre un presidenzialismo forte. Mi ero opposto sistematicamente nei contradditori a Sartori ed avevo al mio fianco un consiglio studentesco orientato verso la sinistra socialista. Insomma non stavo perdendo.
Ecco, mi sto arrabbiando: ritornano geneticamente le stesse pulsioni ostili a qualsiasi democrazia liberata dai sotterfugi: è un istinto che proviene dai privilegi di casta: è la superbia degli ottimati.
Einaudi: figura complessa, da giovane con Turati, oscillante con Giolitti, fa blocco con Giovanni Gentile e Gioacchino Volpe; nel primo dopoguerra è nominato senatore; potrebbe adattarsi al Blocco Nazionale ma non al fascismo plebeo … e nella Costituente? Nel referendum istituzionale ha votato per la Monarchia; è un liberista che non ama i monopoli, nemmeno privati, e si oppone allo statalismo “perché impigrisce”; tollera la programmazione ma diffida dell’espansione dell’industria di stato. Da Presidente si barcamena, un po’ con le maggioranze centriste, con qualche autonomia nel rinvio di alcune proposte governative, poi il caso Pella, che si sta enfatizzando fuori misura.
E Mattarella? Non è un Cossiga, non è un “picconatore”; è un “correttore” per frangenti non tempestosi ma con alcune drastiche accentuazioni appena sente che il regime sta oscillando pericolosamente; e l’apparato mediatico pronto ad enfatizzare i suoi moniti a ranghi serrati.
Dunque, non si tratta nemmeno di un classico scontro di natura economica con formazioni addestrate ad intendersi per conciliare le sofferenze del popolo con un conservatorismo compassionevole; è, lo voglio ancora ribadire, una viscerale opposizione al ricambio dei gruppi dirigenti. E’ un conflitto feroce, che media pochissimo, insulta, irride, inventa, occupa gli schermi e le testate giornalistiche.
E’ quello che sta avvenendo in queste ore.
Scriveva un certo Lenin, in un saggio contro l’estremismo, che per “la rivoluzione non è sufficiente che le masse sfruttate ed oppresse siano coscienti dell’impossibilità di vivere come per il passato ed esigano dei cambiamenti; per la rivoluzione è necessario che gli sfruttatori non possano più vivere e governare come per il passato. (…) In altri termini questa verità si esprime così: la rivoluzione non è possibile senza una crisi di tutta la nazione che coinvolga sfruttati e sfruttatori”.
Ora è evidente che le parole sono adattate ai primi anni ’20, per scenari radicali che spingevano a rovesciamenti totali. E’ anche la sostanza del termine “rivoluzione” che va contestualizzata; certo è che la crisi del comando oligarchico è dispiegata da più di un decennio, senza una sua direzione persuasiva, anche per il futuro prossimo. Insomma, ne vedremo delle belle e ci sarà da fare per tutti!
Avvertenza: la sintesi proposta deriva non solo dalle mie memorie ma da fonti apprezzate, a partire da Wikipedia, che vanno però selezionate. Si può fare.
VS. Firenze, 13 maggio 2018.
Integrazione del 15 maggio 2018.
Dunque, accordo M5S-Lega sospeso. I media scatenati, mentre Salvini blaterava che non aveva paura del voto subito. Ma subito non c’è più e un governo del presidente sarebbe un non governo incapace di controllare una società sempre più inquieta. Dunque …? Salvini non può strafare imponendo le posizioni più estreme. Nel PD altrettanta esitazione: c’è chi parla - lo stesso “reggente” - di svolta a sinistra tutta da inventare, perché aliena da modificare i riferimenti politici europei. Certo, c’è il centro-destra che pregusta ma anche loro … per non subito. Spazio per chi? Per una sinistra sociale? Ci vorrebbe ben altro che una integrazione di poche righe a questo editoriale! Scenario molto mobile.