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Roma: Verso la Conferenza di Organizzazione dell’Unione Inquilini di Roma, 14-15 giugno 2019 DAL BUIO DELLE “FRAGILITÀ” ALLA LUCE DELLE LOTTE. APRIRE ALLA CITTÀ PER UN NUOVO PROTAGONISMO Contributo al dibattito di Fabrizio Ragucci, segretario dell’Unione Inquilini di Roma


Conferenza di Organizzazione dell’Unione Inquilini di Roma, 14-15 giugno 2019

 

DAL BUIO DELLE “FRAGILITÀ” ALLA LUCE DELLE LOTTE. APRIRE ALLA CITTÀ PER UN NUOVO PROTAGONISMO

Contributo al dibattito del segretario dell’Unione Inquilini di Roma

 

Roma è una città che soffre e quella abitativa è certamente una delle sue sofferenze più drammatiche.

Tuttavia la forza di questo dato è percepita poco e male, quasi fosse un problema circoscritto a una minoranza marginale. E’ la categoria cosiddetta della “fragilità sociale”, espressione apparentemente “neutrale” e che restringe invece in modo brutale la platea dei cittadini in sofferenza abitativa fino a ridurla a pochissimi soggetti con attributi di disagio estremi.

E’ una realtà distorta, perché il problema-casa ha una rilevanza dieci, venti volte più ampia tale da vanificare le  “toppe” messe in campo da governo ed enti locali; palliativi che, nel migliore dei casi, offrono risposta incompleta a poche “emergenze” pescate dal mazzo di quelle opportunisticamente ritenute “prioritarie” (perché magari politicamente più scomode sul momento).

Dal nostro punto di vista, è impressionante la discordanza tra questo modo di intendere il problema (fragilità sociale=soluzione emergenziale) e la realtà (un disagio che interessa decine non meno di cinquantamila famiglie e che imporrebbe soluzioni generali e durature).

Quanto stridono i freddi numeri stridono con gli slogan “caldi” della politica!

A Roma l’affitto pesa come un macigno: in media 827 euro al mese (dati OMI) su un reddito medio procapite di € 17.926: un incidenza del 55%!

Il risultato è che ogni 100 nuovi inquilini che affittano casa, 15 finiscono sotto sfratto (6.700 sentenze di sfratto -fonte ministero dell’interno- a fronte di 46mila nuovi contratti stipulati nel 2018 -dati OMI 2019).

Partendo da questo dato si giustifica lo smisurato fabbisogno di case popolari, che resta però  insoddisfatto per la carenza di alloggi.

Per disintasare l’imbuto generato dal sovrapporsi delle vecchie e nuove “emergenze”, serve un’inversione a U della rotta politica.

Sono passati quarant’anni dall’ultimo serio intervento di edilizia popolare a Roma e da allora abbiamo accumulato disagio granello per granello. E’ necessario un nuovo grande programma sistemico per rispondere al un problema sistemico: dalle graduatorie alle occupazioni, dai caat ai campi rom, dagli occupanti senza titolo ai migranti.

Dal Comune abbiamo capito che non possiamo aspettarci nulla: troppe e troppo evidenti sono le prove della sua spietata indifferenza per il problema. Non si tratta di abbassare le armi davanti alle inadempienze della Giunta Raggi contro cui, anzi, va rincarata la dosa critica conflittuale che finora siamo riusciti ad esprimere.

 Bisogna però assumere un dato: la strada che porta al Comune è inaccessibile, quindi occorre batterne di nuove.

E’ un ragionamento che inevitabilmente conduce al coinvolgimento della Regione Lazio in settori di intervento che, di norma, sarebbero di specifica competenza comunale.

Con una riforma coraggiosa ed equilibrata della LR 12/1999, si può avviare questo lavoro per investire gli organi regionali dei compiti che il comune si rifiuta di svolgere.

La riapertura di un tavolo unitario con le componenti del sindacalismo e dei movimenti è una necessità vincolante perché, se l’intervento che chiediamo è generale, altrettanto ampia e corale deve essere la base di discussione da cui muovere.

Per dimostrarsi all’altezza della situazione, la Regione deve dare impulso a uno spazio di partecipazione avanzato in cui mettere alla prova - e in fretta - promesse ed ipotesi di scuola: non vendere ma acquisire patrimonio ERP, rifinanziare l’ater anziché strozzarla col pareggio di bilancio, bandi speciali per il superamento delle “emergenze” (occupazioni, residence, campi rom), regolarizzazione gli occupanti senza titolo,  salvaguardia degli affitti e dei requisiti di reddito per l’ERP, tutela dei diritti di cittadinanza violati dai decreti lupi e salvini.

Anche per noi, il rapporto coi movimenti costituisce una sfida per il futuro. Da esso possiamo acquisire esperienze e linguaggi e per esso possiamo svolgere un’impagabile opera di proposta ed elaborazione.

In questo quadro, va superato lo stesso automatismo del “noi e loro” per acquisire una reale unità rivendicativa che passa per il rafforzamento della nostra vocazione unitaria e di lotta.

L’inquilinato e una totalità complessa e la sua “unione” è nell’aderenza alle istanze che esprime.

L’unione degli inquilini è nell’attivismo e nella ricerca di pratiche nuove di partecipazione e conflitto, che aprano il sindacato alla città e alle sue energie. Serve un sindacato giovane e radicato nelle lotte, che risalti per coerenza e forza di linguaggio.

Coerenti, seri, coraggiosi: lo siamo stati, lo siamo tutt’ora, dovremo esserlo ancora di più in futuro!

Il percorso di innovazione approvato dall’ultimo congresso va sostenuto e sviluppato fino in fondo, per non restare indietro, per aderire ai nuovi compiti “di fase” con spirito critico ma anche con il necessario ottimismo.

Il bilancio dell’anno appena trascorso conferma infatti sia le potenzialità che i limiti della nostra azione, imponendo valutazioni equilibrate.

Ad esempio, nonostante gli enormi sforzi profusi in una serie di estenuanti trattative con la controparte, non abbiamo potuto impedire l’approvazione di un “accordo territoriale” sui canoni concordati che premia in modo inusitato la rendita e la rapacità dei sindacati della proprietà, agevolati in questo dall’imperdonabile inerzia del Comune di Roma, che nella trattativa non ha saputo o voluto giocare alcun ruolo garanzia.

Non a caso, la nostra firma all’accordo territoriale è accompagnata da una nota a verbale molto critica dei suoi “contenuti economici” e con essa chiediamo una verifica della tenuta dell’intero impianto a distanza di un anno dalla sua approvazione. Piccola nota: a condividere le nostre stesse perplessità non sono soltanto gli amici del Sunia e del Sicet (coi quali speriamo di condividere questo lavoro di contestazione-revisione del’accordo), ma anche gli agenti immobiliari, i caf e i commercialisti, che hanno evidenziato quanto i canoni previsti dall’accordo siano ben più elevati degli stessi prezzi di mercato!

Tra le tante iniziative che possiamo invece ascrivere alla categoria “note positive”, un posto di rilievo spetta senz’altro all’apertura dei nuovi sportelli territoriali, una vera e propria moltiplicazione della nostra presenza su Roma che offre inedite possibilità di insediamento in quartieri storici importanti (da Ostia a San Lorenzo passando per Centocelle e Montemario).

Altra nota indiscutibilmente positiva è la conferma dell’espansione, in qualità e quantità, del nostro ascendente comunicativo. La considerazione che l’Unione Inquilini ha saputo guadagnarsi nel mondo della nuova comunicazione “social”, ma anche nel canale classico del giornalismo tradizionale, è frutto di un lavoro spesso svolto sottotraccia che merita di essere promosso a pieni voti.

Se questa crescita sarà accompagnata da un corale potenziamento organizzativo e da un adeguato ricambio generazionale, potremo guardare ai prossimi anni con la convinzione e l’entusiasmo necessari.

Occorre essere all’altezza delle sfide che ci attendono già dalle prossime settimane.

Sulla nostra città pesa una minaccia di imbarbarimento istituzionalizzato e di criminalizzazione del disagio che abbiamo l’obbligo di contrastare.

Roma può continuare ad essere sempre di più la capitale della legalità senza giustizia, degli sgomberi indiscriminati, delle spreco di risorse, dei regali alla speculazione e dell’indifferenza sociale.

O può resistere, rilanciando pezzo per pezzo nuovi margini di diritto e di protagonismo sociale.

Ad essere in gioco non è semplicemente la nostra tenuta o quella delle singole vertenze che rappresentiamo, ma quel fondo minimo di diritti nella solidarietà senza cui rischiamo tutti di sprofondare in un buio civile senza uscita.

 

Fabrizio Ragucci




Data notizia10.06.2019