Riferire ma su che cosa? Latouche.
Riferire ma su che cosa? Latouche.
https://it.wikipedia.org/wiki/Serge_Latouche ... estratto.
“… Nemico del consumismo e della razionalità strumentale, Latouche è un intellettuale che presenta tratti assai personali ed è stato introdotto nel dibattito italiano da gruppi culturali sia della destra radicale che della sinistra antagonista.[6] Latouche è uno dei critici più acuti dell'ideologia universalista dalle connotazioni utilitariste: rifacendosi anche alle concezioni di Marcel Mauss e di Ivan Illich, rivendica la liberazione della società occidentale dalla dimensione universale economicista.”
Latouche, decrescita, sobrietà! Insultato dal modernismo più sfrenato; il micro virus si misura con la presunzione illimitata; e il vaccino?
Noi che ci difendiamo lavandoci le mani, sputando con cautela: ” Non mi toccare!”. E con la mascherina, i guanti, e i tamponi – nella peste nera, le medesime illustrazioni. Mistero, complotto, la sindrome cinese! Oppure la memoria delle rivolte contadine e ancora Latouche che non è del tutto persuasivo ma funziona a suo modo come la benedizione che male non fa, perché è sempliciotta, ci vuole bene – ci si convive, mentre i virologi sono infestanti.
Il virus che ci rinchiude la porta, permette l’icona parlante, non se la prende con le macchine che partecipano al suo mondo, ti fa sbucciare la patata per l’arrosto, ma guai se “festeggi”; il tuo corpo gli appartiene. Puoi scamparla se è occupato altrove, ma non sceglie, va dove sta meglio, è innocente.
E noi che facciamo? Le brave persone proteggono l’indebolito, schermano lo sfrattato dall’avidità degli epuloni; non illudono con un fascio di ricette, ci confortano come parte della onesta natura.
Finirà, non si sa, si tira a campà! Amico che mi porti la spesa, fai parte del popolo controverso, che crede con riserva, e confida pertanto di sopravvivere alla cialtroneria. Finirà nel modo corrivo, senza troppa qualità, ma molti ci saranno ancora. Sarà peggio?
Sarà uguale o meglio
Scritto il Primo di Maggio del duemila e venti, a Firenze da Vincenzo Simoni.